La sala del centro culturale “Conti Agosti” di Mareno di Piave era gremita di gente venerdì per l’appuntamento che ha celebrato i 40 anni del Centro diurno per persone con disabilità.
Nato nel 1982, il Centro di lavoro guidato de La Nostra Famiglia è un’opportunità dopo l’obbligo scolastico e formativo. Oggi lo frequentano 30 ragazzi, con 10 aziende che collaborano e 60 richieste di clienti privati.
Quarant’anni di storia e di rapporti intensi con il territorio, raccontati tramite due incontri: ieri il convegno sul valore del lavoro per le persone con disabilità e oggi con una celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo di Vittorio Veneto Corrado Pizziolo e con i racconti di Gigliola Casati, Luisa Tosello e Donatella Baseotto, l’inaugurazione della mostra fotografica con la visita ai locali e la presentazione delle attività.
Presenti all’incontro di ieri Manuela Lanzarin, assessore regionale alla sanità e sociale, Sonia Brescacin, presidente della quinta commissione regionale sanità e sociale, il sindaco di Mareno di Piave Gianpietro Cattai, il presidente della Conferenza dei sindaci Paola Roma e i tanti enti territoriali che gestiscono i servizi alla persona, genitori e volontari.
Al tavolo dei relatori è intervenuta la presidente dell’associazione Luisa Minoli, la quale ha presentato il bilancio di missione. Un momento ricco di contenuti ma anche di riconoscenza e gratitudine per le tante risposte e i tanti percorsi che il Centro ha avviato in questi 40 anni.
“Siamo qui per ricordare una storia, guardare al futuro e narrare il presente – dichiara Minoli -. Bisogna continuare ad essere dalla parte delle persone con disabilità, leggendo le sfide di questo tempo particolare che stiamo vivendo. Siamo qui grazie all’impegno di tante persone che hanno creduto e continuano a credere nella missione che è stata affidata all’associazione: tutelare la dignità e migliorare la vita delle persone disabili attraverso specifici interventi abilitativi e riabilitativi. La relazionalità che caratterizza l’associazione l’abbiamo voluta mettere nel nuovo logo: una casa colorata dove si vedono le tante azioni che si stanno compiendo e che vuole rendere visibile quello che facciamo, come e per chi lo facciamo”.
Ventotto sedi in Italia, 24.024 bambini e ragazzi assistiti, 2.378 operai, 137 progetti e 388 studenti universitari, 581 bambini che frequentano le classi ordinarie all’interno del centro, 341 personali distaccato dagli istituti, 262 ragazzi che frequentano i corsi di formazione professionale, 31.154 giornate di residenzialità, 202.207 giornate di diurnato, 4.160 visite neurologiche e neuropsichiatriche, 662 visite fisiatriche, 636.466 presentazioni ambulatoriali, 388 studenti iscritti al corso di laurea (182 a Conegliano), 137 ricerche effettuate, 143 pubblicazioni su riviste specializzate, 531,31 impact Factor, 101 ricercatori, 61 collaborazioni con enti di ricerca, 5 convenzioni con le scuole, 40 convenzioni per tirocinio formativo all’università, un rendiconto gestionale di 1.141.781 euro ed uno stato patrimoniale di 235.880.110 euro: questi i numeri che l’associazione può vantare.
In Veneto le sedi sono 8 (Conegliano, Mareno di Piave, Pieve di Soligo, Treviso, Oderzo, San Donà di Piave, Padova e Vicenza) con 570 operatori. Ai poli di Conegliano e Pieve di Soligo sono presenti due unità: Ugde (Unità operativa complessa per le gravi disabilità in età evolutiva) e Urna (Unità operativa complessa per la riabilitazione delle turbe neuropsicologiche acquisite). All’interno di queste unità operano 3 Strutture organizzative semplici (Sos): Riabilitazione Neuromotoria, Epilessia e Neurofisiologia clinica e Psicopatologia. Le attività cliniche e di riabilitazione sono erogate attraverso il ricovero a tempo pieno e day hospital.
E’ intervenuto al convegno anche Francesco Benazzi, direttore generale dell’azienda Ulss 2 Marca Trevigiana, insieme ai responsabili degli enti territoriali che gestiscono i servizi alla persona.
“Un periodo in cui la parola ‘sfida’ è centrale – ha detto Benazzi – quando si parla di temi della salute della persona e integrazione sociale. La vera sfida, come aziende sanitarie, è la programmazione socio-sanitaria, che ci coinvolge su più piani che si intersecano tra loro. È fondamentale accrescere le reti, non abbandonare quello che si è fatto ma aggiungere nuovi percorsi. Siamo arrivati alla condivisione di un processo operativo che accetta il fatto che nelle professioni di aiuto deve esserci una collaborazione tra le diverse professioni dato che sono tutte necessarie per raggiungere l’obiettivo principale: il bene della persona”.
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