Domani, domenica 13 febbraio, nel cimitero di Miane, il Giorno del Ricordo sarà celebrato da Continuità Ideale-Rsi Treviso davanti alla lapide inaugurata un anno fa per ricordare gli almeno 37 militari fascisti (la maggior parte rimasti senza nome) e un civile dipendente comunale a Valdobbiadene che furono uccisi la notte tra il 7 e l’8 maggio 1945 nella grande Spinoncia, una cavità verticale di una trentina di metri che si trova circa due chilometri a nord di Combai.
L’Anpi provinciale ha già contestato l’evento, dichiarandosi pronta ad agire nelle sedi opportune per evitare che un gran numero di persone si rechi a Miane come lo scorso anno (erano oltre 300, ndr).
“In altre occasioni – si legge nella nota del Comitato provinciale Anpi Treviso – queste commemorazioni hanno visto, ben oltre il ricordo dei caduti, chiare espressioni di apologia del fascismo. L‘Anpi provinciale rivolge alle autorità competenti la richiesta di chiarire se tale manifestazione, in palese contrasto con lo spirito della Costituzione repubblicana e con lo spirito e la lettera delle leggi Scelba e Mancino, sia stata autorizzata, riservandosi di procedere a norma di legge in presenza di nuove espressioni di apologia del fascismo”.
“Non basta forse – conclude l’associazione dei partigiani -, nel centenario dell’affermarsi del regime fascista totalitario, razzista, militarista, nemico di tutte le libertà dei cittadini e dei popoli, quel definirsi Continuità ideale con la RSI?”.
Nelle stanze del municipio di Miane c’è il massimo riserbo: nessuno ha voluto esprimersi e, forse, con il loro silenzio intendono evitare di schierarsi con una delle due parti. Sta di fatto che, ad oggi, sindaco e giunta hanno preferito il silenzio.
Lo scorso anno il sindaco Denny Buso non partecipò né alla manifestazione in cimitero a Miane né a quella contemporanea dell’Anpi a Campea, giustificandosi con le seguenti parole: “Le ferite lasciate dalla guerra, specialmente dalla guerra civile, e dal periodo post bellico, sono talmente profonde che si possono ricomporre solo se saremo capaci di una memoria condivisa. Crediamo perciò sia importante lasciare alle future generazioni la memoria di questi fatti, non per enfatizzarli o per fare propaganda come qualcuno ha voluto insinuare, ma affinché gli stessi non accadano più” (qui l’articolo).
Ci fu un solo sopravvissuto in quella strage partigiana di fine guerra: un soldato palermitano, che fu salvato da don Marcello Favero, parroco di Falzè di Piave, unico testimone dell’ultima resa dei conti della Brigata Mazzini.
E’ la strage meno nota e, al tempo stesso, la più dibattuta perché il 12 maggio 1945 i cadaveri furono incendiati dai partigiani gettando su di essi del liquido infiammabile e la cavità coperta per nascondere nell’ombra quanto accaduto.
Solo nel luglio 1947 il Comune di Miane, su pressione del padre del sottotenente Gloria (una delle vittime più conosciute), che era colonnello della Folgore, e della Pretura di Vittorio Veneto, ordinò l’esumazione delle salme.
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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