Le mani di un artista sono spesse, ruvide, hanno qualche cicatrice e le unghie corte. È sempre una sorpresa vederle invece muoversi leggere e delicate sopra la creatura che stanno plasmando.
Le mani di Pietro Colmellere sono giovani ma già raccontano una storia fatta di legno e scalpelli: sono questi e pochi altri gli strumenti presenti nel suo studio. Per scolpire il legno non serve altro.
Il laboratorio a Campea di Miane profuma di trucioli e trasmette un senso calma e ordine: lì il tempo di Pietro viene scandito dallo scalpello sul legno di castagno, cirmolo o tiglio.
“La mia passione viene probabilmente dai luoghi che mi circondano da sempre, questi boschi e questi alberi mi hanno spinto a frequentare prima una scuola e poi dei corsi di specializzazione sul legno” racconta il 23enne di Combai, che, al contrario di ciò che si può pensare, è il primo in famiglia con questa inclinazione.
Mentre dà forma alla figura di un ragazzo adolescente con una precisione sconcertante, Pietro sembra dialogare con il busto di legno che ha di fronte: lo osserva, lo accarezza e lo studia per poi picchiettare e limare, disegnando poco a poco i suoi tratti.
“Dietro l’opera finita si cela un grande lavoro. Bisogna prima di tutto avere un’idea chiara in testa – svela tra un colpo e una carezza -, poi la si butta giù su carta, cercando il disegno definitivo”.
Un artigiano del legno però lo sa bene che ciò che arriva dopo è la parte più importante e complessa: “A seguire si può creare il modellino: si tratta di una riproduzione in scala ridotta ma completa di tutti i dettagli che andranno poi riportati sul legno” spiega infatti Pietro.
Il modellino è cioè la preziosa anteprima dell’opera conclusa e viene costruito in terracotta o plastilina, avendo cura di riportare perfette proporzioni e forme. Solo allora si potrà passare al legno.
Come spiega il giovane, gli errori e le sorprese sono sempre dietro l’angolo ma sta allo scultore sfruttarli rendendoli il punto di pregio dell’opera: “Non si può mai sapere se lavorando troverò un nodo o una macchia ma è questo il bello, ogni pezzo è una sfida e va affrontato con metodo”.
“Al momento prediligo il legno dei nostri boschi. A seconda di cosa ho in mente scelgo quale usare: a me piace giocare con l’aspetto visivo e tattile per cui spesso i miei soggetti hanno il viso liscio con le venature in evidenza e il torso ruvido” continua Pietro, che aggiunge: “Quando chi guarda le mie sculture riconosce la persona che ho scolpito so di avercela fatta”.
“Per ora mi riconosco in queste opere ma ho lavorato anche con soggetti sacri o animali. Non voglio fossilizzarmi in una sola forma rappresentativa perciò chissà, forse cambierò materiali o soggetti, sono curioso, non chiudo nessuna porta”, confessa sorridendo lo scultore, e a Combai ne sono certi: il giovane Pietro, con il suo sincero amore per la scultura, farà parlare di sè ben oltre i boschi della Vallata.
(Fonte: Alice Zaccaron © Qdpnews.it).
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