Con le prime nevicate è tornato ad essere visibile quello che in molti chiamano “l’ippopotamo del Cesen”. Un bosco che, imbiancato, risulta visibile da diverse zone della Marca Trevigiana e nei giorni di massima limpidezza anche da Venezia. Sono in molti ad associare la forma di questa zona alberata a un ippopotamo, da cui il soprannome di quello che a tutti gli effetti e diventato un “monumento naturale” delle Prealpi.
Così come la natura del bosco, anche il nome di via Endimione, una strada che porta alla cima del Monte Cesen è leggendaria. Sembra infatti che il nome nasca da una narrazione per cui la dea Selene si era innamorata di un pastore (Endimione) proprio nella montagna che sovrasta Valdobbiadene.
L’origine di questo bosco, e se la sua forma sia voluta o meno, rimane comunque incerta. C’è chi dice che la sagoma sia del tutto casuale e che si tratti di un rimboscamento fatto in tre fasi dagli anni 1920 al 1980. C’è anche chi però afferma che la figura sia voluta e che rappresenti un bisonte lasciato dagli Austriaci. Questo animale ha contribuito all’espansione dell’impero Austroungarico in Europa fornendo ai soldati latte, carne e pellicce.
Secondo altri, quello che oggi si vede non è altro che un’ala che doveva comporre l’aquila simbolo del fascismo che con la sua grandezza, ed essendo appunto visibile fino a Venezia, doveva testimoniare la potenza del regime. A causa della caduta di quest’ultimo, l’opera sarebbe stata interrotta.
Che il fascismo utilizzasse i boschi per la sua propaganda non è cosa nuova. Nel Monte Tomba erano infatti visibili le lettere “WM” (viva Mussolini) fatte proprio con gli alberi. A causa poi dell’opera di rimboscamento, queste scritte sono scomparse.
Che sia ippopotamo, aquila o bisonte poco conta. Questo bosco del Cesen è come le nuvole: ognuno ci vede quello che preferisce.
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