Dal Teatro alla Scala ai laboratori sui selfie: la regista Xenia De Luigi insegna ai ragazzi delle medie il senso degli autoscatti che invadono i social

Secondo il sociologo canadese Erving Goffman ci sono dei parallelismi che legano la vita quotidiana all’ambito delle rappresentazioni teatrali.

Sarà anche per questo che Xenia De Luigi, con un bagaglio di regie teatrali e specializzatasi in drammaturgia alla scuola della Fondazione Paolo Grassi di Milano, ha abbracciato il settore del counseling relazionale.

Ovvero, è diventata un’esperta in azioni di aiuto e sostegno,  riservando speciale attenzione al mondo delle donne, dell’infanzia e dei giovani. 

Dopo una vita di 21 traslochi (per motivi professionali e familiari) tra Veneto, Bologna, Roma e Milano, prima di arrivare nella Marca Xenia ha fatto parte della troupe del film “Sotto il vestito niente” diretto da Carlo Vanzina, a Milano si è fatta le ossa al Teatro alla Scala con Luca Ronconi, ha fatto parte del gruppo Mediaset, si è occupata di pubblicità ed è stata aiuto regista di Gianpaolo Tescari,tra i più importanti autori  italiani di filmati pubblicitari.

A un certo punto ha scelto di abitare a Montebelluna, città di origine della mamma, discendente di Mario e Guido Bergamo a cui è intitolata la scuola dell’infanzia in via Malipiero.

Attualmente, a 56 anni, è impegnata nel “Progetto Comune per Montebelluna”, laboratorio di idee aperto per discutere in maniera costruttiva sull futuro dela città.

In passato ha creato il progetto teatrale “Codice a curve”, insieme ad Antonella della Giustina, ha curato spettacoli per bambini su incarico della Provincia di Treviso (quando l’assessore alla cultura era Marzio Favero), ha promosso gruppi di lettura di donne, collaborato con i servizi sociali, insegnato teatro agli studenti e si è specializzata alla Scuola Italiana di Counseling Relazionale.

Lei si definisce una figlia d’arte. A darle l’imprinting fu il padre Filippo De Luigi, regista, attore e sceneggiatore veneziano, che diresse le prime due stagioni della serie televisiva “La dottoressa Giò” con Barbara D’Urso e Flavio Bucci, andata in onda nel 1997 e 1998 su Rete 4. La produzione registrò un boom di ascolti e decretò il successo della D’Urso.

“Lo dicevamo sempre a mio padre che aveva creato un mostro”, ricorda scherzando Xenia De Luigi, che affiancò il genitore nella realizzazione della fiction.

A Montebelluna, Pederobba ed Istrana oggi Xenia De Luigi sta lavorando con gli alunni delle scuole primarie e medie, forte della sua lunga esperienza di teatro per ragazzi (ha collaborato anche con Gli Alcuni di Treviso).

Si occupa in particolare di classi con una forte componente multietnica, per promuovere – ed è qui che scatta la sua capacità di “counselor” -atteggiamenti attivi e propositivi, stimolare il dialogo interculturare, superare le difficoltà di adattamento, orientare le potenzialità dei piccoli nel campo dell’immagine e della comunicazione, in funzione dello sviluppo dell’espressione del “Sé”.

Se il teatro è la metafora della vita, Xenia sta dirigendo una delle sue regie più ardue nel palcoscenico della scuola, agenzia educativa di primaria importanza insieme alla famiglia.

“Alle elementari Marconi di Montebelluna sto proponendo un laboratorio di teatro in una classe dove ci sono soprattutto alunni stranieri, mentre in un altro laboratorio scolastico ad Istrana stiamo sviluppando un copione ispirato alla “Guerra delle Campane”, favola di GiannI Rodari”, racconta la regista ed esperta relazionale, “Alle scuole medie di Onigo di Pederobba, invece, sto tenendo un corso sui selfie, per far comprendere ai ragazzi cosa vuol dire la rappresentazione di sé stessi, facendo anche un ragionamento sull’occhio esterno che ci guarda quando ci scattiamo una foto e la mettiamo in rete nei social.

Un progetto che avevo già fatto alle medie di Trevignano, con cui gli studenti hanno realizzato un videoclip sulla loro scuola.

Il laboratorio serve far capire ai ragazzi che i selfie, postati nei social, possono stimolare anche l’emulazione dei loro coetanei. “In uno dei miei corsi, uno studente mi ha fatto vedere una foto che si era scattato con il cellulare sui binari del treno. Il mio intervento è stato quello di farlo ragionare sulle implicazioni di quel gesto che a lui sembrava un gioco. Lo ha fatto senza pensare alle gravi conseguenze che avrebbe potuto avere per se stesso e per gli altri, che lo avrebbero potuto imitare” commenta Xenia.

(Foto: Xenia de Luigi).
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