Aveva la vita davanti, una moglie e due figli da mantenere. Mancavano tre settimane esatte al suo trentatreesimo compleanno quando Guerrino Casanova, originario di Montebelluna, entrò per il suo turno di lavoro nelle viscere della terra, senza sapere, lui e altri 261 lavoratori, che non avrebbe più rivisto la luce del sole.
Era un mercoledì l’8 agosto 1956, un normale giorno di attività nella miniera di carbone di Bois du Caziers a Marcinelle in Belgio; da più di un secolo lì si scavava per estrarre il carburante solido utilizzato a scopi industriali. Dopo un’interruzione dovuta ad esalazioni di gas, l’impianto tornò in attività agli inizi del XX secolo; conclusa la seconda Guerra mondiale, Belgio e Italia siglarono l’accordo denominato “uomini contro carbone”, che prevedeva lo scambio tra giovane forza lavoro e il materiale necessario alla ricostruzione post bellica del nostro Paese.
Tra le braccia messe a disposizione c’erano anche quelle di Guerrino: l’Italia era in ginocchio e cominciava lentamente a rialzarsi, costruendo quello che sarebbe diventato il miracolo economico e il boom degli anni ’60.
Serviva lavorare, faticare, lasciare patria e affetti in cerca di un futuro migliore, anche andando ogni giorno mille metri sotto terra a scavare, senza le protezioni e i sistemi di sicurezza che oggi sembrano così normali. Nei pozzi di Marcinelle c’erano i ventilatori che convogliavano e ripulivano l’aria per renderla più respirabile; ma furono proprio questi i motori della tragedia che si consumò alle 8.10 del mattino.
A quota -975 metri un vagoncino si sganciò dall’ascensore e tranciò la conduttura dell’olio; i cavi elettrici innescarono una fiammata enorme che fu alimentata dai ventilatori.
Dei 275 operai entrati per il turno di lavoro uscirono vivi solo in 13: più di metà dei morti erano italiani (136, per la maggior parte abruzzesi), 95 erano belgi, 8 polacchi, 6 greci, 5 tedeschi, 3 algerini, 2 francesi, 3 ungheresi, un inglese, un olandese, un russo e un ucraino. Originari del Veneto erano anche Giuseppe Corso, 35enne di Montorio Veronese, Dino Della Vecchia, 30enne di Sedico (Belluno), Mario Piccin, 37enne di Codognè, sposato e con cinque figli, e Giuseppe Polese, 22enne di Cimadolmo.
Anche al montebellunese Casanova è stata conferita il 31 marzo 2005 la Medaglia d’oro al merito civile della Repubblica italiana, per avere “sacrificato la vita ai più nobili ideali di riscatto sociale. Luminosa testimonianza del lavoro e del sacrificio degli italiani all’estero, meritevole del ricordo e dell’unanime riconoscenza della Nazione tutta”.
In futuro verrà realizzato un cippo in onore di Mario Piccin, come affermato dallo stesso sindaco di Codognè Lisa Tommasella, che, assieme al consigliere regionale Roberto Bet ha voluto rendere omaggio alle vittime della miniera belga.
“Un’occasione che è un momento di riflessione sulla storia dei nostri migranti, – afferma Bet – delle sofferenze che hanno dovuto subire e della dignità con cui si sono dati da fare per far crescere le economie dei paesi che li hanno ospitati”.
“Mio nonno era uno dei tanti giovani che all’epoca partirono a lavorare in miniera in Belgio e ricordo che anche lui fu una delle tante “vittime psicologiche” di quel disastro, che lo colpì profondamente. – dichiara Tommasella – Fu una cosa sconvolgente. È importante al giorno d’oggi non dimenticare questi episodi”.
Il Capo dello Stato Sergio Mattarella nel suo messaggio ha ricordato che da eventi come quello di Marcinelle “l’Europa ha appreso l’importante lezione di dover porre diritti e tutele al centro del processo di integrazione continentale. Gli ambiziosi traguardi che ci siamo prefissati nei piani di rilancio e resilienza non potranno essere raggiunti senza un responsabile sforzo, individuale e collettivo. Quella responsabilità esercitata dai tanti lavoratori italiani che hanno percorso le vie del mondo”.
Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha sottolineato che “Marcinelle, diventata nove anni fa sito Unesco, è oggi un simbolo che ci aiuta a ricordare la storia dell’emigrazione che i nostri predecessori hanno vissuto e che ci rammenta l’importanza della sicurezza nei luoghi di lavoro, affinché nessuno debba più rischiare la vita per provvedere ai propri cari“.
(Foto: www.leboisducazier.be).
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