“Il soffio del gallo forcello”, Mauro Corona riempie l’auditorium ripercorrendo le sue origini di “raccontatore”

Ieri giovedì Mauro Corona è tornato a Montebelluna per presentare la nuova edizione de Il soffio del gallo forcello, suo racconto d’esordio pubblicato per la prima volta nel 1994 grazie al Circolo culturale Menocchio e ora riproposto da Mondadori con le illustrazioni dell’autore.

Un’opera breve, intensa, che ha segnato l’inizio della sua carriera narrativa e che Corona stesso definisce «non un libro, ma una cosa piccola, scritta di getto in una notte, quando ancora non pensavo che sarei diventato uno scrittore. Ma era già tutto lì».

L’incontro, moderato dal giornalista Enzo Favero e parte della rassegna “Serate con l’autore” promossa dalla Libreria Zanetti e dalla Biblioteca comunale nell’ambito del Maggio dei Libri, è stato tutt’altro che una semplice presentazione. Si è trasformato in un dialogo aperto e spiazzante sul senso della scrittura, della montagna e dell’esistenza.

In un auditorium gremito, Corona ha alternato considerazioni sul libro a confessioni personali, con il suo stile ruvido e diretto, capace di tagliare come una scure e, subito dopo, di accarezzare come una carezza inaspettata. «La vecchiaia ti pacifica – ha detto -. Non sei più neanche polemico. Non perché sei rinc…ito, ma perché hai capito che non vale la pena nemmeno rispondere».

Il soffio del gallo forcello è la storia di un padre e di un figlio in cammino nella notte, immersi in una montagna severa e iniziatica. È un racconto di formazione dove il silenzio è regola, il dolore è scuola e la natura è maestra. «Qualche volta nel buio lo sentivo come persona estranea e malvagia, e lo odiavo. Ma quando la luce dell’alba illuminava il suo viso semplice, tornavo a volergli bene» scrive Corona. E in queste righe si ritrova l’essenza di molti suoi romanzi: l’infanzia difficile, i legami familiari ambigui, la montagna come educazione sentimentale.

Mauro Corona non si limita al ricordo: si definisce “raccontatore”, non scrittore. «Scrittore sa di intellettualismo. Io sono uno che racconta storie. Mi sveglio e so cosa voglio fare. Una mattina voglio scolpire, un’altra voglio scrivere. Non ho scalette, tabelle. Solo la mia voglia del momento». La sua scrittura nasce dall’istinto, come un’escursione improvvisa: «L’altro giorno avevo in testa la ferrata del Vajont. Non ne potevo più. Sono partito e l’ho fatta. Se avessi fatto altro, avrei violentato la mia anima».

Nel corso della serata, Corona ha toccato temi forti e personali, come la libertà individuale, le difficoltà della convivenza, la violenza maschile e la forza della donna. Ha raccontato con ironia la sua separazione («Sono l’unico marito al mondo con la pensione da usura matrimoniale: 127 euro al mese»), e con inquietudine ha ricordato Nel muro, uno dei suoi romanzi più disturbanti: «È un libro terrificante. Racconta la follia maschile quando esplode contro la donna. E in ognuno di noi c’è quel mostro, anche se lo teniamo a bada».

Alla fine, come spesso accade nei suoi incontri, ha lasciato al pubblico una metafora densa di significato: «La vita è un romanzo stampato in unica copia. Chi ha cento anni ha cento pagine. I bambini che muoiono hanno solo la copertina. Ma non c’è casa editrice che faccia una seconda ristampa. E quindi sprecarla è un delitto».

Con Il soffio del gallo forcello, Mauro Corona non solo riporta in vita il suo primo racconto, ma riconsegna ai lettori un pezzo autentico della sua storia. Un libro che parla di padri e figli, di silenzi e gesti, di una natura che non consola ma insegna. Un’opera da leggere lentamente, con il passo del montanaro che conosce il valore di ogni respiro e di ogni parola.

(Autore: Francesco Bruni)
(Foto e video: Francesco Bruni)
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