“La scuola potrebbe diventare un centro sociale”: la “provocazione” della preside del Liceo Veronese per aiutare i giovani segnati dalla pandemia

Disturbi alimentari, difficoltà ad alzarsi la mattina per venire a scuola, alcolismo e rischio di dispersione scolastica: questi sono solo alcuni dei problemi che vivono i giovani in questa pandemia e che sono stati evidenziati da Rosita De Bortoli, dirigente scolastico del Liceo Angela Veronese di Montebelluna, in un’intervista concessa a Qdpnews.it.

I bambini e i ragazzi continuano a soffrire molto per le conseguenze dirette e indirette del Covid: la didattica a distanza, l’isolamento e le diverse limitazioni alla vita di relazione e ai rapporti sociali in generale hanno acuito alcune criticità che, già prima dell’emergenza sanitaria, preoccupavano le famiglie e il mondo della scuola.

La preside De Bortoli, insieme a molti altri colleghi degli istituti scolastici trevigiani, ha toccato con mano il disagio di tanti studenti che, da due anni a questa parte, hanno visto la loro quotidianità rivoluzionata dal virus e spesso non hanno avuto gli strumenti per superare gli inevitabili disagi generati da questa situazione.

“Sicuramente il disagio è aumentato o è venuto alla luce – spiega De Bortoli – Ci sono determinate problematiche dei nostri ragazzi che si sono ingigantite in maniera esponenziale. Per esempio i disturbi alimentari, non solo per le ragazze ma anche per i ragazzi. Il conteggio spasmodico delle calorie come prima preoccupazione del mattino e ultima della sera. Le studentesse ne parlano con i loro insegnanti nei momenti più impensabili: basta un aggancio o una tematica all’interno di una disciplina e loro hanno bisogno di parlarne”.

“C’è un silenzio interiore – continua – Hanno difficoltà a comunicare perché prima di tutto ce l’hanno a casa. A scuola cercano di comunicare e chiedono aiuto e lo fanno con atteggiamenti e comportamenti che possono essere al limite del rispetto di un regolamento scolastico. Se non ci si ferma a quello, e con loro si cerca appunto un contatto, loro ti dicono il perché. Noi abbiamo la fortuna di avere uno spazio ascolto, con una nostra psicologa scolastica, che coinvolge comunque i coordinatori di classe, i referenti di istituto e io stessa, che ho voluto in tempi pre-Covid aperto veramente a tutta la comunità scolastica, anche agli stessi genitori”.

Il dirigente scolastico del Liceo Veronese ha detto che, già prima della pandemia, la scuola aveva notato dei disagi negli alunni che stavano cambiando: da un’ansia scolare per la verifica a un vero e proprio timore del giudizio, la paura di non essere accettati per come si è.

Lo spazio ascolto è andato avanti anche in modalità telematica durante il lockdown e ha raggiunto numeri importanti: spesso la scuola comunicava alle famiglie delle difficoltà di alcuni ragazzi, che gli stessi genitori non riuscivano a vedere pur stando insieme a loro per 4 mesi.

“Quattro mesi che hanno visto famiglie collassare – aggiunge De Bortoli -, ragazzi che sono ritornati a scuola con famiglie divise e giovani che confondono il dì con la notte. Vivono di notte e durante il giorno hanno difficoltà ad alzarsi dal letto e a venire a scuola. In un confronto che ho avuto con l’Ufficio Scolastico Territoriale, con i Servizi di età evolutiva e con il consultorio familiare è emerso che abbiamo giovani a rischio dispersione scolastica proprio per questo motivo”.

Durante il giorno alcuni di loro non riescono ad uscire perché temono il confronto e ormai si relazionano solo attraverso uno schermo.

“Nel 2020 ma anche lo scorso anno – prosegue -, con i 4 mesi di Dad, abbiamo visto ragazzi che tenevano le videocamere spente perché temono il confronto anche e nonostante un device che comunque li allontana. Io sono sempre rimasta fedele a me stessa, alla mia idea di scuola e alla necessità, oltre che volontà, di stare il più possibile con gli studenti. Il bello di una scuola superiore è quello di vivere i giovani, anche semplicemente durante l’intervallo bevendo insieme un caffè alla macchinetta”.

“Non abbiamo timore del Covid in quanto tale – continua – Intanto i ragazzi sono bravissimi: ormai hanno acquisito le regole e non sono spaventati. Per loro i distanziamenti in realtà non ci sono, lo vedo durante l’intervallo. Nel rispetto delle regole anti-Covid loro si cercano e, anche se la mascherina nasconde il sorriso della nostra bocca, loro sorridono con gli occhi e sono bellissimi quando si ritrovano assieme. Di risorse economiche ne sono arrivate tantissime e continuano ad arrivarne. Abbiamo bisogno di risorse per potenziare tutte quelle attività che permettono di tenere una scuola aperta al di là di quelle 5 o 6 ore di lezione”.

De Bortoli ritiene che la scuola non debba contemplare solo l’attività didattica ma essere aperta il fine settimana diventando un punto di aggregazione.

“La scuola potrebbe diventare – conclude -, passatemi il termine provocatorio, un ‘centro sociale’, di quelli che io ho vissuto da ragazzina dove potevamo fare di tutto. Dove avevamo gli incontri di letteratura e di filosofia, dove avevamo la musica e il teatro: non c’erano le scuole ovviamente per questo ma la scuola adesso potrebbe diventarlo. I nostri centri cittadini non hanno più questi punti di aggregazione, non lo sono più nemmeno le parrocchie ormai, e i ragazzi devono poter avere uno spazio loro dove poter entrare senza il timore di troppi blocchi e restrizioni che ormai condizionano ogni aspetto della nostra vita”.

Una scuola aperta il sabato pomeriggio, con spazi dedicati e risorse umane ad hoc, dove i giovani si possono ritrovare, guardarsi negli occhi, parlare e creare: questo è il sogno del dirigente scolastico del Veronese.

(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
#Qdpnews.it

Total
0
Shares
Related Posts