Nude, costrette a mostrare gli organi genitali e a subire atti sessuali da pedofili che intanto le riprendevano. Avevano appena 5 anni le bambine protagoniste dei file pedopornografici che sono costati ieri una condanna a 8 mesi di reclusione con sospensione condizionale, a un 45enne, dirigente d’azienda del Montebellunese.
L’uomo, difeso dall’avvocato Andrea Zambon, è finito a processo con le accuse di detenzione e diffusione di materiale pedopornografico e ieri è stato condannato solo per il primo capo d’accusa.
Assolto invece per il secondo, per insufficienza di prove ma a farlo finire nei guai, una denuncia per molestie che aveva presentato nel 2016 la sua ex compagna. “Mi perseguita, non accetta la fine della relazione e mi tempesta di chiamate e messaggi”.
Il 45enne era così finito sotto inchiesta e a casa sua erano arrivati i carabinieri per una perquisizione durante la quale avevano trovato un Notebook dentro al quale non c’erano però le prove delle molestie (accusa per la quale è stato assolto a febbraio), ma 13 file pedopornografici con immagini video di bambine di appena 5 anni.
L’uomo era quindi finito indagato dalla procura distrettuale di Venezia (competente per questo tipo di reati). Gli inquirenti gli contestavano non solo la detenzione dei file, scaricati dalla rete, ma anche la diffusione.
Nel Notebook era infatti stato trovato anche il software peer to peer “eMule”, con il quale, secondo gli inquirenti il 45enne avrebbe diffuso altri sei file dagli stessi contenuti pedopornografici.
Nel processo, però, la difesa è riuscita a far cadere l’accusa di diffusione di materiale pedopornografico: “Abbiamo presentato alla corte varia giurisprudenza – spiega l’avvocato Zambon -, che stabilisce come non sia sufficiente la presenza di un programma come “eMule” o simili per provare che quei file siano stati diffusi”.
La difesa intende presentare appello per la condanna a 8 mesi, sostenendo la tenuità del fatto.
(Fonte: Redazione Qdpnews.it).
(Foto: archivio Qdpnews.it).
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