“E’ stato in primo luogo fortissimamente un lavoro di squadra”. Il primario del pronto soccorso dell’ospedale San Valentino di Montebelluna, Maurizio Sacher, presenta, in questa seconda parte di una videointervista ai protagonisti della lotta al Covid-19, alcuni rappresentanti del team che per tre mesi ha lavorato incessantemente e con dedizione per affrontare l’emergenza sanitaria.
“Ci siamo trovati di fronte a una tragedia di proporzioni inimmaginabili – prosegue il dottor Sacher -, sia sanitaria tra malati e deceduti, che economica. La risposta del nostro gruppo di lavoro è stata intensa, in cui tutti quanti, medici, infermieri, operatori socio-sanitari e autisti soccorritori, ma anche i medici della guardia medica e gli operatori che hanno effettuato la sanificazione costantemente e ripetutamente, hanno avuto un ruolo fondamentale e indispensabile“.
“Abbiamo avuto un forte supporto da parte delle direttive nazionali, regionali e dalla direzione dell’ospedale, che abbiamo tutti insieme cercato di compattare in direttive pragmatiche, praticabile e che si evolvevano di settimana in settimana o di giorno in giorno a seconda di come cambiava la situazione. Importantissima la collaborazione con la protezione civile, abbiamo anche riaperto locali del vecchio pronto soccorso che abbiamo utilizzato per visitare i pazienti nei momenti di maggiore pressione” sottolinea.
“Eravamo un gruppo già rodato perché abbiamo passato anche altre criticità – spiega la dottoressa Catia Morellato, viceprimario del pronto soccorso -. Nel 2008 abbiamo affrontato la meningite e tutti i giorni siamo sottoposti a stress perché ogni giorno possiamo venire a contatto con malattie infettive, come la tubercolosi. Siamo abituati, ma questa è stata una cosa più importante dal punto di vista psicologico”.
“Alle due ambulanze fisse dedicate alle emergenze – racconta l’autista soccorritore e Oss, Dino Gazzola – abbiamo aggiunto una ambulanza dedicata al trasporto di sospetti Covid. Una quarta ambulanza era dedicata ai pazienti Covid che dovevano essere trasportati in altri ospedali. Era necessaria la sanificazione costante dei mezzi per garantire al paziente successivo che fosse tutto pulito e disinfettato”.
“Ogni giorno c’è stato un briefing continuo tra i coordinatori infermieristici e primari dei vari reparti interessati – dice la facente funzioni capo sala Marta Favaro (capo sala Monica Bronca) -, in cui si sono raccolti suggerimenti, discutendo come andavano gestiti i vari casi. Si è quindi proceduto a sviluppare procedure che fossero semplici e facilmente attuabili nei vari ambiti. Su una settantina di operatori soltanto due sono stati infettati. C’è stato un rapporto più vicino al paziente perché noi eravamo il tramite tra loro e i parenti all’esterno”.
“Il lavoro dell’infermiere in questo periodo è stato molto importante – precisa l’infermiere professionale Claudio Quagliotto -. Inizialmente tutti avevamo una certa preoccupazione soprattutto per la nostra salute e dei nostri cari. Non potere abbracciare i figli una volta arrivati a casa è stata una cosa un po’ difficile da affrontare. Poi abbiamo cominciato ad avere fiducia, a prendere consapevolezza di tutte le procedure che ci venivano proposte dalla Direzione, fornendoci tutti i presidi di protezione. Bisogna ringraziare le grosse donazioni che sono arrivate in pronto soccorso in questi mesi da parte di privati, di ristoratori. Ci siamo sentiti parte della comunità in maniera veramente importante”.
Se vi siete persi la prima parte del video, ecco il video integrale a cura di Qdpnews.
(Fonte: Flavio Giuliano © Qdpnews.it).
(Video: Qdpnews.it © Riproduzione riservata).
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