Toponimi della Marca trevigiana, Montebelluna: dove la bellicosa dea Bellona incontra la dolce Liseta

Siamo a Montebelluna, 31.000 abitanti, ubicata in corrispondenza delle propaggini occidentali del Montello in un territorio prevalentemente pianeggiante.

Le prime attestazioni del toponimo risalgono al Medioevo: nel 1000 compare “montis Belluni”, nel 1239 “Montis Bellunensis Castrum”, nel 1245 “Castrum Montisbellune” e finalmente, nel 1251, “Montebelluna”.

Sulle origini del toponimo si intrecciano ipotesi contrastanti, legate a vicende storiche, conformazioni morfologiche e culti arcaici.

Partiamo proprio da quest’ultima teoria che ha lasciato traccia anche nell’emblema comunale sul quale è raffigurata una dea con tanto di elmo e di lancia. Si tratta di Bellona, Enio nella mitologia greca, divinità della guerra (dal latino bellum) e talvolta citata come moglie di Marte.

Montebelluna deve dunque il proprio nome a questo antico culto pagano? Un enigma purtroppo senza risposte certe e che accomuna i montebellunesi, gli abitanti di Bellona in provincia di Caserta e quelli di Bellonne in Francia.

Un’interpretazione più profana scinde il toponimo in due parti: “monte”, declinato al femminile come nella tradizione linguistica friulana o cadorina e “Belluno”. Il “monte di Belluno” divenuto “monte Belluna” sarebbe la conseguenza del successo militare del vescovo bellunese Giovanni che, nel X secolo, sconfisse i Veneziani e oltrepassò la Piave stabilendo a Montebelluna il limes dei propri domini.

A proposito di Belluno è interessante soffermarsi sulle origini di un toponimo che parrebbe derivare dal celtico Belo-dunum, cioè “rocca o insediamento brillante, luminoso”. Interessanti, ma estremamente vaghe, sono infine le speculazioni sulla misteriosa popolazione dei Belluni transitata da qui e diretta a nord.

Per secoli al centro di aspre contese territoriali, Montebelluna vanta solidissime radici commerciali e manifatturiere fra le quali spicca la tradizione calzaturiera, giusto orgoglio del territorio. Per saperne di più visitiamo il Museo dello Scarpone che nelle sale di Villa Zuccareda Binetti, raccoglie migliaia di oggetti, immagini, documenti e attrezzature che raccontano l’evoluzione della calzatura sportiva e da montagna.

Terminata la visita indossiamo un paio di scarponi adeguati e di buon passo risaliamo le pendici del Montello dove ci aspettano le deliziose Bintje, Liseta, Monalisa, Dèsirèe. Chi sono? Eccellenti varietà della patata del Montello con le quali realizzare i grandi piatti della tradizione, primo fra tutti le patate roste del moltel.

Per il brindisi finale, dedicato al territorio e ai suoi abitanti, solleviamo un calice di Montello Rosso i cui sentori di legno rimandano alle pregiate essenze di un bosco secolare, sinonimo di natura e cultura.

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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