Sabato 13 novembre, grazie agli Amici dei 3 Pini e del Montelletto, è stato dedicato un evento “interattivo” all’illustre montebellunese Augusto Serena. È stato un ritorno alle origini, attraverso una passeggiata letteraria e culturale in onore del letterato e insegnante, fra i luoghi che hanno visto nascere la comunità montebellunese, come la Chiesa di S. Maria in Colle e il Cimitero Vecchio.
L’attore Luca Zanetti ha interpretato “co torno a casa” di Augusto Serena sul sagrato della chiesa di Santa Maria in Colle.
Le voci di Renata Piazzetta, Germana Zalla, Rosa Poloni e Luca Zanetti hanno fatto rivivere l’anima e il pensiero di Augusto Serena, davanti alla sua casa natale, la “Casa del Campaner”.
È stata organizzata anche una visita guidata con Augusta Adami e Francesco Bortignon, all’interno del vecchio cimitero nel complesso di Santa Maria in Colle. La “colonna sonora” dell’evento è uscita dalle note della fisarmonica di Flavio Mariotto, dei Mercanti Dogali, il tutto accompagnato dal sapore dei zaeti di Maria Pia.
Augusto Serena, che trascorse anni in giro per i licei della nazione, “non perse mai il contatto con il mondo culturale e con Montebelluna, nella quale tornava sempre e non appena gli era possibile”, come scrive lo storico Lucio De Bortoli.
“Vocazione del nostro gruppo – sottolinea Marina Sernaglia, amministratrice della pagina Facebook Amici dei 3 Pini e del Montelletto e organizzatrice dell’evento – è andare alla ricerca di personaggi montebellunesi che si sono distinti nel passato e che i cittadini spesso non conoscono, pubblicando lavori, scritti e biografie. Pubblicando le struggenti poesie di Augusto Serena, nato proprio a Santa Maria in Colle, ho osservato un grande interesse. Così si è pensato di realizzare un incontro che ha coinvolto diverse anime culturali montebellunesi”.
I brani letti sotto il porticato della casa natia di Serena erano tratti da un libretto scritto dal letterato nel 1910, dedicato all’allora ministro Pietro Bertolini. Il nipote del grande statista, Pietro Vangensten, non ha voluto mancare all’occasione di rivivere i tempi in cui visse il suo avo.
Durante la visita al vecchio cimitero, Francesco Bortignon ha fatto notare come le scritte delle lapidi siano ricche di glorificazione cristiana e altisonanti termini (“fulgido esempio”, “esempio di potere e volere”, “angelo di bontà” “anima bella”, “inconsolabile perdita”) ma in grado di trasmettere ugualmente l’infinito dolore di questi cittadini montebellunesi che si apprestavano a salutare per sempre i propri cari.
Laureatosi a ventitré anni (con la lode) Serena insegnò lettere dal 1899 al 1912 al “Canova”, dove tornò come preside dal 1923 al 1935, compiendo un cinquantennio di vita e di attività culturale, in cui si ritrovano diversi interessi, dalla ricerca storico-letteraria, a curiose indagini di storia paesana e municipale, alla poesia in lingua e in dialetto. Come l’interessante “Cronaca montebellunese” (1903) e il “Dante a Treviso” (1921), ma soprattutto quella splendida indagine che è “La cultura umanistica a Treviso” (1912), uno dei più notevoli contributi alla storia dell’umanesimo, oltre che una compiuta trattazione di tutta la vita culturale e civile della Treviso del Rinascimento.
Dal 1899 al 1917 Serena diresse quella gloriosa rivista tipicamente trevisana che fu “Coltura e Lavoro”; e che firmò, come Bepo Gobo da Casier, il “Pronostego” della “Schieson Trevisan” negli anni 1942-43-44. Pubblicò anche libri di poesie: “Le calaltine”, “Le vespertine” e “Ultimi voti”; e, in dialetto, la corona di sonetti “Co torno a casa” e il volume “Cantilene” (1908). Delle sue poesie, Arturo Pompeati ha scritto: “Quando verseggia in lingua, il Serena ha sempre un po’ l’aria di dialogare — quali che siano i suoi argomenti — con un fitto numero di poeti che gli sono congeniali: quando canta in dialetto, il dialogo corre libero e immediato fra la sua sensibilità, la sua gentilezza, la fantasia e le cose che gli stanno intorno. Nella poesia vernacola, dov’egli si muove con piena autonomia, riesce ad attuare un naturale equilibrio fra il realismo della osservazione e la libera effusione del sentimento, senza impacci culturali, affidandosi con sicura fiducia agli inviti della dolce parlata nativa”.
Nella sua storia di Montebelluna, Augusto Serena così racconta la difficile fase di transizione fra il vecchio cimitero e quello nuovo, ancora attualmente in uso: “… il cimitero quello de’ padri nostri, al quale abbiamo sempre guardato in pianto, e ove sarebbe stato così dolce dormire coi nostri cari. Invece, per l’ubicazione e l’angustia, esso risultò insufficiente; e si provvide a costruirne uno meglio rispondente alle necessità attuali, al piano, non lungi dal tempio nuovo”.
(Foto: Amici dei 3 Pini e del Montelletto).
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