Coalizione di otto Comuni contro le casse di espansione del Piave alle Grave di Ciano. Il 12 gennaio l’udienza al Tribunale superiore delle acque

Anche il Comune di Montebelluna si è aggiunto al gruppo di altri sei enti pubblici che sosterranno il Comune di Crocetta del Montello nella sua battaglia legale contro le casse di espansione del Piave.

Si tratta del progetto approvato dalla Regione Veneto con la delibera 302 del 16 marzo 2021 e che prevede la realizzazione del progetto in corrispondenza delle Grave di Ciano.

Due mesi dopo è partito il ricorso al Tribunale superiore delle Acque Pubbliche di Roma, con il quale sono stati impugnati tutti gli atti regionali relativi al progetto.

Il Comune di Crocetta indicava come preferibile la collocazione delle casse di espansione nel sito di Ponte di Piave, ritenuto maggiormente idoneo.

In vista dell’udienza romana del prossimo 12 gennaio, è stato chiesto ad altri Comuni di proporre analogo ricorso “ad adiuvandum”, ovvero a sostegno dell’istanza principale.

Solo Valdobbiadene, tra gli enti invitati, non ha deliberato in questo senso, mentre l’appoggio è arrivato da Giavera del Montello, Nervesa della Battaglia, Volpago del Montello, Vidor, Pederobba e Moriago della Battaglia.

La spesa di un migliaio di euro ciascuno andrà a favore degli avvocati Alberto Dal Bello di Castelfranco Veneto e Federica Scafarelli di Roma, che rappresenteranno i Comuni ricorrenti, difendendone gli interessi. Con una delibera di giunta il Comune di Montebelluna ha esposto le proprie ragioni nel contestare l’opera così come prevista dalla Regione Veneto.

“La realizzazione delle casse di espansione – si legge nel testo – in corrispondenza delle Grave di Ciano non è condivisibile dal Comune di Montebelluna sotto diversi profili: sotto il profilo idrogeologico l’intervento metterebbe a rischio un intero ecosistema creando degli sconvolgimenti geologici, che andrebbero a insistere sulla roccia carsica del Montello con pericolose infiltrazioni d’acqua e gravi problemi di dissesto idraulico su tutto il territorio, compreso quello del Comune di Montebelluna che si trova ad un livello inferiore rispetto alla zona interessata dall’intervento”.

“Sotto il profilo del microclima dell’area – prosegue la delibera -, in quanto eliminare 550 ettari di aree boscate ed inerbite porterebbe all’instaurarsi di un diverso equilibrio termico ed idrico. Sotto il profilo ambientale l’intervento comporterebbe la distruzione di un habitat, tenuto conto che l’area interessata è una SIC ZPS di 550 ettari, la cui distruzione comporta interruzione di corridoi ecologici, ultima area in Veneto di passaggio tra montagna e pianura per la fauna”.

“Infine si parla anche di conseguenze sociali, che comprometterebbero la vivibilità dell’area, essendo previsti “almeno 10 anni di cantiere, migliaia di camion, distruzione di habitat, con conseguente deprezzamento delle abitazioni e perdita di aree a valenza turistica” conclude.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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