Un viaggio nelle “terre del Basso Piave” per ritrovare un grande artista come Cesco Magnolato. E per riscoprire l’epopea di un mondo contadino ormai scomparso che prende vita attraverso il suo sguardo. E’ un percorso tra “natura e memoria” quello che si apre domenica 7 novembre alle 16 alla Casa del Musichiere di Moriago della Battaglia (via Manzoni 2: fino al 21 novembre): il Festival della Cultura 2021-2022 di Moriago, infatti, rende omaggio al maestro di San Donà di Piave Cesco Magnolato, che lo scorso 22 ottobre ha festeggiato i 95 anni. La personale “Le terre del Basso Piave tra natura e memoria”, curata da Lorena Gava, direttrice artistica del festival, propone oltre 20 opere, tra oli e incisioni, dedicate al tema della terra natale, il Basso Piave, luogo dell’anima dell’artista e protagonista, sul finire degli anni Cinquanta, di uno spopolamento e di esodo verso i centri urbanizzati. Info e dettagli email info@moriagoracconta.it. Ingresso libero con Green pass, prenotazioni per l’inaugurazione al 380 4610710.
“La campagna sandonatese – spiega la curatrice Lorena Gava – è lo sfondo reale e immaginario della narrazione profondamente umana di Magnolato: ansia, paura, miseria, solitudine e desolazione nutrono sguardi e atteggiamenti attraversati da una sorta di inseparabile vento che le sciabolate cromatiche e le sferzate, spesso violente, di colori saturi e accesi, traducono con stupefacente vigore. L’uomo dipinto e raccontato da Cesco Magnolato si piega ma non si spezza, con gesti ripetuti e solenni guarda alla forza rigenerativa della terra, ai frutti, agli alberi contorti, ai covoni, ai fossati, alle foglie secche e la terra stessa entra sotto la pelle fin dentro le viscere a misconoscere i confini in una sorta di regno umano e minerale, di zolla vegetale riarsa dal sudore e dalla fatica”.
La mostra sarà inaugurata anche alla presenza eccezionale dell’artista e incisore, che nel suo atelier di Noventa di Piave conserva migliaia di opere, sue e di autori contemporanei, come Zancanaro, Tancredi, Guidi, Cesetti. Un maestro che ancora oggi ama definirsi un autodidatta, “non mi sono mai accorto di diventare un artista”, ha detto in recenti interviste, “io volevo raccontare la vita della mia gente. Era il dopoguerra, tempi difficili, miserie e povertà”. Affascinato dalla vita che sgorga, dall’energia e dall’uomo, posto al centro della sua creazione, Magnolato “ha la luce della Laguna incarnata nel suo essere pittore”, come concordano i critici. Una pittura corposa, fortemente cromatica, rivestita di passione in cui l’artista elabora il suo materiale “estraendolo” dalla terra amata e poi trasfigurandolo. “La campagna sandonatese – aggiunge la curatrice- pulsa di ricordi e di visioni che incessantemente si intersecano, secondo un flusso di memoria che non rispetta un prima e un dopo: alle ossessioni della guerra e del dopoguerra si sovrappongono le immagini dei contadini al ritorno dai campi, sullo sfondo di una periferia che negli anni Sessanta e Settanta comincia un processo di trasformazione”.
Ma lo sguardo di Magnolato va anche oltre, come documenta la mostra di Moriago. Alle tele e alle incisioni dominate dalla presenza umana, Magnolato “alterna straordinarie composizioni vegetali di piante e cartocci di granturco, di girasole, di canne, spesso al limite di una verosimiglianza naturalistica, aperte a soluzioni informali di grande suggestione a conferma di una fonte creativa inesauribile e straordinaria – spiega ancora la curatrice Gava – Sembra davvero un incontro di anime quello tra il Piave di Magnolato e il Piave di Moriago della Battaglia: pur in tempi diversi e in sequenze storiche differenti, ritroviamo lo stesso fiume, la terra, l’esodo, la fatica e insieme la medesima volontà di andare avanti e combattere le insidie della vita sempre con coraggio e determinazione”.
Cesco Magnolato nasce a Noventa di Piave (Venezia) nel 1926.
Nei primi anni Quaranta si sposta a Venezia per frequentare il Liceo artistico e successivamente il corso di pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Si diploma sotto la guida dei maestri Guido Cadorin per la pittura e Giovanni Giuliani per l’incisione.
Terminati gli studi, lavora per un breve periodo come disegnatore di vetri artistici in alcune vetrerie dell’isola di Murano. In seguito, nel 1952, il suo maestro Giovanni Giuliani, lo richiama in Accademia come assistente alla cattedra d’incisione e più tardi ne diventerà titolare fino al 1984 quando lascia l’insegnamento per dedicarsi completamente all’attività artistica.
Nel 1954, dopo il successo per il riconoscimento internazionale della Biennale, il Comune di Venezia gli assegna, per meriti artistici, uno studio a Palazzo Carminati, che manterrà fino al 1959, assieme ad altri giovani artisti veneziani. Gli anni Cinquanta e Sessanta saranno particolarmente fervidi dato lo straordinario clima culturale internazionale che caratterizza la città di Venezia. Da allora ha preso parte alle più importanti esposizioni di pittura e grafica in Italia e all’estero, ottenendo prestigiosissimi premi e riconoscimenti. Biografia e bibliografia complete si trovano all’Archivio Storico della Biennale di Venezia.
(Fonte e foto: Volpesain).
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