Grotte del Montello, il Tavaran Grando fin dal Paleolitico era frequentato dai cacciatori che seguivano la transumanza

Terzo video grotte Montello in mezzo

 

 

Con Enrico Tirindelli, accompagnatore di media montagna iscritto al Collegio delle guide alpine, ci inoltriamo in una delle grotte più famose del Montello, il Tavaran Grando, chiamato dal Saccardo (antesignano della speleologia montelliana) anche Tavaran Vecio.

Si trova sulla sponda destra del Piave, nel Comune di Nervesa della Battaglia, poco distante dalla Chiesa di Santa Croce. Il Tavaran Grando è strutturato da una condotta principale e alcune ramificazioni laterali piuttosto impegnative da esplorare.

All’inizio del percorso si può osservare sulle pareti un piccolo interstrato di materiale compatto, differente dal classico conglomerato. Ciò sta a significare che per un certo periodo geologico si sono depositati strati di materiale molto sottile che si sono poi cementificati.

“All’esterno della grotta – ci dice Enrico Tirindelli – sono stati fatti ritrovamenti di materiale litico preistorico che ci raccontano la vita degli antichi cacciatori. Seguivano gli animali lungo il corso del fiume nella transumanza tra estate e inverno e tra mare e montagna, dove c’erano spazi come questo, con ripari e acqua, i cacciatori si fermavano per riposarsi”.

Terzo video grotte Montello in mezzo

Dopo un primo tratto rotondeggiante, la cavità assume la forma “a 8”, tipica delle grotte del Montello. In questo tratto la roccia è più levigata perché subiva l’azione dell’acqua che usciva e di quella che entrava proveniente dal fiume durante le piene.

Nell’acqua troviamo i Niphargus, crostacei che vivono esclusivamente nei corsi d’acqua all’interno delle grotte. I piccoli animaletti che si trovano all’interno, vivono della decomposizione di quella poca sostanza organica che viene portata all’interno dalle piene del fiume.

Nel corso d’acqua si ritrovano anche le cosiddette “marmitte d’erosione”, veri è propri buchi sul fondo (anche insidiosi per chi esplora), provocanti dalla rotazione di sassi spinti dall’acqua che si trasformano in percussori che battono sul fondo e lentamente scavano la roccia.

Al termine si arriva in una sala più ampia dove l’escursione normalmente termina: “Qui ci troviamo di fronte a una frana – dice Tirindelli – oltre la quale la grotta prosegue, ma l’esplorazione si fa estremamente difficile. In tempi recenti un gruppo di speleologi è riuscito a visitare anche un altro tratto della grotta”.

 

(Fonte: Flavio Giuliano © Qdpnews.it).
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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