C’è il professionista che ci ridipinge la casa, quello che ci prepara il 730 e quello che ci consiglia una dieta: al giorno d’oggi c’è un professionista per tutto, persino per ricostruire l’albero genealogico della nostra famiglia, andando indietro quanto possibile nei secoli, per scoprire a chi dobbiamo i nostri cognomi. Quello del genealogista è un mestiere difficile, di nicchia, che richiede illimitata pazienza, curiosità e soprattutto attenzione ai dettagli. “Catturare” uno di questi specialisti è raro, poiché il loro habitat naturale è tra gli scaffali degli archivi storici civici o delle diocesi.
Simona Cigana, che è nata a Motta di Livenza, ha alle spalle una storia “poco accademica”, che rende più interessante osservare la sua dedizione nello studio della genealogia, che oggi svolge a tempo pieno per committenti dell’area opitergina e pordenonese. Perché diciotto anni fa Simona era una geometra, una delle pochissime donne a Pordenone e, come racconta lei, non per caso. “All’epoca non era semplice, ora non so: tendevano a svalutare un geometra donna. A questo ruolo si pensa sempre come a un uomo dai capelli almeno brizzolati, che abbia esperienza e autorevolezza”.
Fu proprio un incarico in veste di geometra però ad avvicinarla al lavoro di ricercatrice: “Dovevo ricostruire l’asse ereditario di sette fratelli per portare a compimento un atto di successione legato a una casa. Così mi ritrovai al catasto, imbattendomi in un atto di un certo Cigana detto “Maronese”, ovvero nelle radici del mio stesso cognome. Da lì mi appassionai, iniziai a frugare negli archivi delle parrocchie e mi iscrissi a Tuttogenealogia.it, un forum specifico su questo tema”.
Online, Simona scoprì che le richieste di chi cercava parenti in Italia dall’estero erano tante e che il forum, in difficoltà per i pochi utenti, avrebbe dovuto rimanere in piedi per aiutarne altre: prese in mano la situazione, portò a termine un corso di paleografia e iniziò a capire come interpretare le scritture degli antichi documenti, anche grazie agli insegnamenti di Carlo Zoldan. “Da sei anni svolgo quest’attività in partita iva. Faccio da referente per gli archivi parrocchiali della zona. La scelta di abbandonare la vita precedente è nata dalla mia curiosità e dal voler accontentare chi cerca le proprie origini” spiega Simona.
“Il fatto di trascorrere tanto tempo all’interno degli archivi, fin dal 2017, mi permette di conoscerli in modo profondo. So dirti che le tracce su un tale cognome le trovi in un angolo della stanza e sull’altro dalla parte opposta. In ogni caso, se non trovi un filone nell’archivio vicino al luogo di residenza, partendo quindi da un dato concreto, la ricerca può diventare un vero ginepraio. Il mio limite è sempre stato il latino, che avrei voluto avere il tempo di approfondire.
Lasciatemi in un archivio in tranquillità e, fatto salvo per gli obblighi di famiglia (ho due figli), non me ne distacco più: mi permette di conciliare quello che mi interessa con la mia effettiva professione, con grande soddisfazione alla fine di ogni ricerca. Non sempre riesco ad andare indietro nel tempo fino al Cinquecento o al Quattrocento, chiaramente, ma spesso trovo elementi molto interessanti nel passato di una famiglia, che qualche volta riesce a motivare anche la genesi del suo soprannome, come è stato nel mio caso di “Maronese”.
Quanto si può “riavvolgere il nastro?”
Dipende da tantissimi fattori, primo tra tutti la presenza di documentazioni accertate negli archivi. La fortuna principale è che in passato ogni atto o compravendita doveva venire registrato da un notaio, quindi trascritto e conservato. I notai, per ogni area, non erano poi molti. Uno dei limiti, invece, che rischia di confondere sono i nomi, specie al maschile, che spesso si ripetevano tra nonno e nipote.
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