Grandi emozioni nel consiglio comunale di ieri, mercoledì 26 aprile, a Pederobba: in apertura di seduta è stata consegnata una targa commemorativa ai familiari del compianto Bruno Perozzo, deportato nei lager nazisti durante la Seconda guerra mondiale e insignito della Medaglia d’Onore dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Oltre ai familiari, anche altri cittadini hanno voluto assistere all’emozionante occasione, preceduta da una chiara ricostruzione storica sul secondo conflitto mondiale e sulla vicenda personale di Perozzo, curata dalla professoressa Tiziana Covolan.
Perozzo, nato a Pederobba il 25 settembre del 1910, era figlio di Giacomo e Antonia Giason.
Venne chiamato al servizio di leva il 17 marzo del 1932 nel Reggimento Cavalleggeri Aosta, nel distaccamento di Treviso, e venne congedato il 10 ottobre del 1933.
A 31 anni, il 13 ottobre 1941, venne richiamato alle armi come soldato nel Reggimento Cavalleggeri Saluzzo a Pordenone, in seguito fu inviato al fronte jugoslavo.
Nel suo intervento, la professoressa Covolan ha letto le parole contenute in una cartolina inviata da Perozzo il 29 agosto 1942 al suo amico Isidoro Baratto, mentre si trovava sul fronte di guerra jugoslavo.


L’8 settembre del 1943, mentre Perozzo si trovava d’istanza a Spalato in Dalmazia con il 17° gruppo Cavalleggeri Saluzzo App. 1° Squadrone, il Comando ordinò alla truppa di cedere le armi ai partigiani slavi.
Purtroppo, il 27 settembre dello stesso anno venne catturato dalle forze armate tedesche e deportato nel lager di Velika Gorica (vicino a Zagabria) al campo N/628 (numero matricola 49), dove resterà come internato militare italiano.
Il rifiuto di aderire alla Rsi comportò per tante persone una condanna al lavoro forzato, alla fame, al freddo, alle malattie e alla violenza, una vera e propria “Resistenza senza armi” non meno importante di quella fatta in montagna o in altri luoghi più conosciuti.
“Durante la prigionia – ha spiegato la professoressa Covolan – fu costretto a seguire le truppe tedesche della Luftwaffe nell’aeroporto di Velica Gorica come lavoratore coatto, rimanendo sempre nel territorio jugoslavo”.
Toccante la lettera che Perozzo spedì il 19 novembre del 1944 dalla prigionia a suo padre Giacomo, recapitata a Pederobba il 25 aprile 1945.
“Carissimi genitori e sorella – si legge nella lettera -, vi do nuovamente notizie del mio ottimo stato di salute, così spero sia di voi tutti, specie di te cara madre. Mi preoccupa il vostro lungo silenzio, la vostra ultima ‘lettera’ l’ho avuta in data 5 settembre 1944. È più di due mesi ma come mi avete informato fu la difficoltà della posta, ma spero nel Buon Dio che tutto vada per il bene”.
“Da Nani ho ricevuto poco fa lui sta bene – conclude -. Vi prego di informarlo del mio ottimo stato di salute, perché ora posso scrivervi più poco, ma per questo non preoccupatevi di me, io penso sempre a voi e verrà quel bel giorno che potrò stringervi e baciarvi. Salutate tutti quelli che domandano di me. Con mille auguri e saluti da chi sempre vi pensa. Vostro caro Bruno”.
Finalmente, il 28 aprile del 1945 Perozzo venne liberato dalle truppe slave (partigiani) a Celje e successivamente rimpatriò via Trieste il 10 giugno 1945.
Complessivamente rimase lontano da casa a causa della guerra per 3 anni e otto mesi,mentre il periodo al fronte fu di 24 mesi: dal 13 ottobre 1941 al 27 settembre 1943.
Fu internato per 18 mesi, dal 28 settembre 1943 al 28 aprile 1945, mentre il periodo del rimpatrio fu di 1 mese e mezzo: dal 29 aprile al 10 giugno 1945.
Negli occhi dei figli Maria Antonietta, Gianangelo e Piero, che hanno ricevuto la targa commemorativa dalle mani del sindaco Marco Turato, si sono letti l’orgoglio e la gratitudine per questo riconoscimento alla memoria del loro amato padre.
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