Mentre il panico per quest’emergenza dilaga nella Marca alcune aziende rispondono con una visione che rispetta le normative imposte dagli enti, ma al contempo che prende le distanze dall’atteggiamento generale di allarmismo.
Per alcuni imprenditori in zona industriale, a Pederobba, appartenenti a diversi settori, dall’alimentare alle plastiche, dalle lavorazioni metalliche alla moda, la paura sembra lasciar spazio a una convinzione differente, il punto di vista si sposta verso una valutazione economica che fa trasparire anche uno spiraglio d’ottimismo.
Tutti ammettono un danno economico, danno che nella maggior parte dei casi non si è nemmeno ancora in grado di calcolare: problemi dovuti all’importazione, alla spedizione, all’esportazione di prodotti in Asia, ma anche all’immobilità commerciale di alcune città cinesi, in particolare per quanto riguarda il lusso, dove i negozi sono chiusi e gli articoli prendono la polvere.
Si accusano variazioni al fatturato fino a un meno 30%, ma ciò che è più grave è che pare che l’economia possa subire ulteriori ripercussioni anche dopo la scomparsa dell’allarme sanitario.
Le soluzioni che le aziende del trevigiano hanno trovato in questi giorni per ovviare al rischio di contagio vanno dallo smart working da casa fino all’adozione delle mascherine sul posto di lavoro, ma è inevitabile che queste pratiche creino un certo deficit al regolare proseguo delle attività.
A parte l’igiene base, come lavarsi le mani spesso, alcuni imprenditori della zona dichiarano di ritenere inutile la precauzione della mascherina: “Se i miei dipendenti hanno l’influenza, semplicemente li lascio a casa come ho sempre fatto” – afferma il titolare di un gruppo industriale di Pederobba.
Come insegna la storia, in tempi di crisi un’azienda può trovarsi a fronteggiare una grave perdita oppure un’enorme opportunità, se non entrambi.
La concorrenza accesissima ad alcune aziende trevigiane, che in Cina trova solitamente un habitat favorevole, si trova in una condizione di completo svantaggio, se non di sospensione: questo lascia uno spazio da colmare. Non è il caso, come si potrebbe pensare, del cosiddetto “made in Italy”, che ha solitamente un legame stretto con la Cina, ma per esempio del settore delle plastiche.
In zona industriale, insomma, la maggior parte degli imprenditori intervistati crede che si tratti di un’esagerazione.
Per le più strutturate fabbriche pederobbesi sarà comunque necessario affrontare le ripercussioni a medio termine con risolutezza, mantenere in serenità i propri dipendenti e informarli di eventuali emergenze reali ma nei casi migliori l’obiettività degli imprenditori veneti potrà portare anche qualche vantaggio.
Come afferma un conosciuto imprenditore nel settore delle plastiche: “Se tutti manteniamo un atteggiamento ottimista, potremmo riuscire a uscirne bene”.
(Fonte: Luca Vecellio © Qdpnews.it).
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