Un lungo striscione riportante lo slogan “Se mi chiudi non mi chiedi” è stato esposto questo pomeriggio, alle 15, in piazza a Crespano del Grappa, frazione di Pieve: una protesta pacifica, organizzata dai referenti locali di Fratelli d’Italia e supportata anche dai rappresentanti regionali e nazionali del partito, che ha visto la partecipazione di alcuni ristoratori, camerieri e ambulanti residenti nelle zone limitrofe.
Le affermazioni dei manifestanti, che si sono radunati davanti ai gradini della chiesa muniti di mascherina e ben distanziati, concentrano il proprio dissenso nel denunciare la combinazione dell’impossibilità del lavoro con l’obbligo a continuare a pagare le tasse senza alcuna agevolazione. Chiedono quindi che almeno uno di questi due vincoli venga sciolto quanto prima possibile.
Si tratta della seconda tappa di un percorso che continuerà in altre località del trevigiano, come Treviso e Oderzo, e a livello regionale a Padova e Verona. Le adesioni vengono raccolte grazie agli strumenti di condivisione interni al partito. Dopo le proteste di Venezia, lunedì scorso, e di Castelfranco, a Pieve del Grappa questo pomeriggio hanno presenziato anche il senatore Luca De Carlo e il consigliere regionale Tommaso Razzolini.
“La nostra richiesta è di avere aperture immediate a chi lavora in sicurezza, per sé e per i propri clienti – afferma il senatore De Carlo – in subordine, è opportuno che il parametro con cui vengono assegnati gli indennizzi tenga conto dei costi fissi, non del fatturato. In terza battuta, chiediamo allo Stato una maniera molto più veloce di ristorare: ovvero non far pagare, per esempio, la tari”.
E su questo punto interviene anche il consigliere regionale Razzolini: “Dopo un anno non si tratta più della tipologia di servizio che offri, ma delle tante famiglie che non hanno più le forze per sostenersi. Abbiamo chiesto sacrifici sempre e solo alle stesse categorie”.
Riguardo alla possibilità di lasciare aperte quelle attività che possono garantire spazi all’aperto, i due esponenti politici si dicono da tempo propositori dell’idea, considerata la loro esperienza come amministratori nei comuni rispettivamente di Calalzo di Cadore, come sindaco, per De Carlo e di assessore al commercio a Valdobbiadene per Razzolini: “A parte che non si capisce perché un ristorante possa rimanere aperto a mezzogiorno sì e a cena no – afferma De Carlo – o solo perché ha un contratto di mensa con un’azienda, non c’è un fondamento scientifico per chiudere i ristoranti e lasciare affollati gli autobus, i supermercati e i centri commerciali”.
“L’anno scorso a Valdobbiadene siamo stati tra i primi a concedere lo spazio per i plateatici: che applichino normative stringenti, ma diano anche una garanzia di costanza a chi apre la propria attività – afferma Razzolini – Inoltre, non ha senso restringere gli orari d’apertura, ma estenderli, sia a livello di spazio che di orari”.
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