E’ come citare l’icona della nostra infanzia, illuminare l’immagine dei nostri ricordi più belli, riandare con la memoria ai momenti più intensi e palpitanti della nostra giovanissima età. Nella notte fra il 5 e il 6 dicembre arriva nelle case San Nicolò, il Vescovo amico dei bambini, la figura tanto amata della tradizione cristiana che consegna i regali ai più piccoli e lascia una traccia incancellabile in quelli che saranno gli uomini e le donne di domani. Non succede dappertutto.
Per un gioco di credi e usi locali, di storie e di devozioni, è la Sinistra Piave trevigiana a confermare un ruolo di protagonista in questa felice avventura, a metà fra leggenda, culto e narrazione popolare. E solo qui nella Marca, per un insolito gioco del destino e del territorio, come un’oasi di generosità che privilegia proprio i residenti in questa terra, e prosegue fino al Friuli Venezia Giulia, all’Alto Adige, al cuore dell’Europa della lingua romanza.
Ancor oggi, secondo i dettami di un’antica usanza, nella notte che prelude alla festività di San Nicola, o Nicolò – vescovo di Myra, nato a Patara nella Lisia (Asia Minore) e morto nell’anno 350, che tanti legami ebbe con le terre e le acque del Nord Italia, tanto da essere invocato come patrono dei naviganti – i bambini hanno la consuetudine di scrivere la letterina al loro benefattore, indicando i doni che avrebbero avuto piacere di ricevere nella felice occasione. Da dove nasce questa usanza? Si narra che San Nicola fosse venuto a sapere che tre bambine povere della sua città sarebbero state vendute come schiave, perché la loro famiglia non poteva assegnare loro una dote con la quale, divenute grandi, si sarebbero potute sposare. Allora, sempre la leggenda ricorda che il vescovo andò solo nella notte fino alla casa delle tre giovanissime, e posò sulla finestra tre sacchetti pieni d’oro. Una vicenda a lieto fine, che contribuisce a creare l’immagine di splendido benefattore per questo Vescovo, in viaggio con il suo asinello, con la mitra e il pastorale, atteso da tutti i bambini con grandissima emozione, ma sottocoperta, andando a letto molto presto in attesa delle sorprese dell’indomani, dopo aver lasciato sopra il tavolo della cucina due pannocchie per l’animale e un bicchiere di latte o di vino per San Nicolò.
La letterina: quanti ricordi, soprattutto per quelle generazioni che non potevano godere del benessere del nostro tempo, e si limitavano a scrivere di semplici cose richieste, materiale per la scuola, qualche giocattolo, alcuni dolciumi. E il mattino dopo, alle prime ore, con il batticuore, era la corsa per sapere, verificare, controllare che San Nicolò fosse davvero passato: che incanto, che stupore e che gioia vedere i doni ben riposti e le tracce dell’asinello, e capire che un piccolo miracolo era avvenuto grazie all’ingresso di un Santo fra le mura domestiche! A scuola, poi, l’incontro con i compagni di classe, il racconto e la conta dei doni ricevuti, mentre magari la maestra coglieva l’occasione per aggiungere di suo qualche frutto o dolcetto.
Atmosfere incantate, che la tradizione ha saputo rinnovare grazie all’amore e all’impegno delle comunità. In particolare, nell’Alta Marca Trevigiana, le associazioni Pro Loco hanno saputo mantenere vivo l’affetto e il ricordo di San Nicolò, che con le sue insegne e il suo immancabile asinello in questa serata speciale continua ad attraversare borghi, paesi e città del Quartier del Piave e della Vallata, ravvivando per tutti la memoria di una felicità senza tempo.
Alla ricorrenza di San Nicolò a Pieve di Soligo negli anni ’50 del secolo scorso ha dedicato un post su Facebook il pievigino Pietro Gerlin.
“La festa cominciava nel pomeriggio del giorno 5 dicembre all’asilo – scrive -, noi tutti pronti sul cortile della casa delle suore.
Questi si affacciava sul tetto e dall’abbaino benediva tutti. Poi scendeva in cortile vestito con una tunica rossa e bianca, guanti bianchi con anello e grandissima mitria e pastorale. Aveva una grande barba bianca, calzava delle scarpe rosse.
Il tutto ideato e cucito dalle brave suore e chi meglio di loro potevano farlo, maestre di cucito. Qui distribuiva caramelle, mandarini e barbagigi.
Verso sera però si spostava in piazza dove i genitori gli avevano già consegnato i regali da distribuire casa per casa. Io rimasi allibito quando venne a casa mia, dove avevo preparato anche del pane, salame e vino e del fieno per la mussetta. Mi consegnò il dono che avevo desiderato chiamandomi per nome. Ma come faceva San Nicolò a conoscermi se era la prima volta che mi vedeva!
Sapete chi c’era sotto le spoglie di San Nicolò?
Era una ragazza di circa 18 anni di Pieve di Soligo, la grande Anna Baratto. Qualche anno dopo, tutto soddisfatto, dissi a mio padre: Ah ah io so chi è San Nicolò.
Ci fu una risposta esauriente: “Bravo mona, cusi’ adesso no tel vedarà pi”.
(Foto: Una vecchia edizione di San Nicolò a Parè, archivio Qdpnews.it).
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