Alla scoperta dell’anima del Marocco, reportage di un viaggio interculturale tra un passato glorioso e un futuro tutto da scrivere

Un viaggio lo puoi intraprendere per desiderio, per scelta o semplicemente perché te lo propongono. Andare in Marocco, nell’ambito di un progetto interculturale, con una compagnia multietnica, non seguendo i classici itinerari turistici, era una opportunità unica di quelle che non si possono rifiutare. Partenza Aeroporto Marco Polo di Venezia e arrivo all’aeroporto Mohamed V di Casablanca.

Compagni di viaggio la delegazione di Pieve di Soligo del progetto “Terra Mia” e i rappresentanti dell’associazione “Hilal” di Bologna; quello che abbiamo visto e che vi racconteremo è il Marocco che non ti aspetti, il Marocco della gente incontrata per strada, dei bazar, dei sindaci, delle città al di fuori dei circuiti turistici. Un susseguirsi di paesaggi mozzafiato ma anche di scene di degrado urbano in un Paese pieno di contraddizioni che profuma di spezie, con una capitale modernissima, sospeso tra un passato glorioso e un futuro tutto da scrivere.

Appena il tempo di fare amicizia con i nostri compagni di viaggio, molti dei quali conosciuti al momento dello sbarco dall’aereo dopo le lungaggini burocratiche (troppe per un paese che punta sul turismo) e già ci siamo trovati nel cuore pulsante del Marocco a Casablanca, la più grande città del Regno e seconda metropoli del mondo arabo. Fondata dai portoghesi nel XVI secolo, il suo nome è facilmente traducibile in “la casa bianca” .

Veniamo subito rapiti dall’imponente Moschea di Hassan II, col il suo Minareto che è il più alto al Mondo, con un cortile strappato ad un lembo di oceano atlantico che può ospitare fino ad 80mila persone. Casablanca è una città che spinge il Marocco verso la modernità, una città che si sta dotando di infrastrutture, dalle strade alle linee ferroviarie per treni ad alta velocità. L’alloggio delle prime due notti è una struttura dignitosa messa a disposizione dall’associazione “Hilal”. Si tratta perlopiù di camere da tre persone con docce comuni in fondo ai corridoi, che riportano i più anziani ai tempi della naja. In compenso il mangiare è casalingo, succulento e speziato al punto giusto. Il secondo giorno ci proietta nella modernissima, curatissima, ricca di storia ed europeizzata capitale Rabat, patrimonio mondiale dell’Unesco. Soprannominata “il Giardino di Allah”, è una città piena di spazi pensati con un elevato spirito ecologico che si nota in ogni angolo. Dopo l’incontro con la fondazione Hassan e con il Ministero delegato agli Affari Stranieri, dove analizziamo il fenomeno dell’emigrazione vista con gli occhi del paese di origine dei migranti, ci aspetta l’emozionante visita al Parlamento, il luogo dove si esercita il potere legislativo.

Il Marocco è una monarchia costituzionale, democratica, parlamentare e sociale. Il Parlamento è composto da due Camere: la Camera dei Rappresentanti composta da 395 membri di cui 60 obbligatoriamente donne e la Camera dei Consiglieri composta da 270 membri in rappresentanza del mondo economico e sociale delle collettività locali. L’influenza del Re è notevole. Attualmente in Marocco regna saggiamente re Mohammed VI. Il terzo giorno comincia la nostra risalita verso nord. Ad affascinarci è la citta imperiale di Meknes, incanto d’ocra nel cuore del Marocco. Molto bella e tranquilla, culturalmente stimolante, con una medina che dal 1996 è patrimonio Unesco, Meknes è inserita in un contesto paesaggistico unico.

La guida ci parla di similitudini con la città italiana di Bologna. Ad accumunarle una antica università e il soprannome “la rossa” per entrambe legato al caldo colore degli edifici. Siamo ricevuti dal sindaco e del consiglio comunale al completo. Ci spiegano la loro realtà, parliamo della loro terra e torniamo anche sul fenomeno sociale dell’emigrazione. Il discorso si sposta poi sull’agricoltura. Il Marocco è il 4° produttore mondiale di olive e a Meknes si svolge annualmente il “ Salon International de l’Agricolture au Maroc” un appuntamento che richiama 1 milione di visitatori.

Nel bel mezzo dell’incontro ci offrono il tè alla menta con i tradizionali dolci di miele e mandorle. Un paio di ore intense, concluse a tavola con un pranzo a base dei tipici piatti marocchini tra i quali un “tajine di pollo” indimenticabile, consumato in un patio meraviglioso. Dopo aver mangiato divinamente, ci aggiriamo per la medina della città con la più maestosa porta imperiale del Marocco. Passiamo per il suo mercato coperto pregno di profumi di spezie e di odori di animali che vengono commerciati vivi. Ma è il popolo a dare vita ai luoghi, a riempire non solo il bazar, ma anche l’enorme piazza, dove può capitare di vedere dei piccoli equipaggiati boxare in mezzo ad un pubblico che li aizza. Un caos ordinato domina la scena che dall’alto di un terrazzone sembra ancor più incredibile.

Lasciamo Meknes nel tardo pomeriggio, con destinazione la splendida città imperiale Fès. Poche ore in un fiume di gente che non ci fanno sentire al sicuro e una cena consumata nella Medina, il vero cuore pulsante della città dove artigiani, venditori, macellai, fruttivendoli e commercianti in generale, tengono aperte le loro botteghe per i turisti dall’alba alla notte fonda . Ecco, i turisti. Tanti, li troviamo dappertutto. Quella a Fès rimarrà l’unica parentesi nel Marocco dei grandi flussi turistici di tutto il soggiorno. Il viaggio prosegue per Saidia, ridente città balneare sulle sponde del mar Mediterraneo ai confini con l’Algeria. Arrivo previsto alle ore 24, arrivo effettivo alle ore 6 del mattino seguente. La location stavolta è insoddisfacente. Pochi divani in una stanza comune, senza lenzuola dovrebbero essere la nostra dimora per tre notti.

E’ decisamente troppo, così ci attiviamo e troviamo un bed & breakfast gestito da un francese simpaticissimo con una bella compagna marocchina. Sarà l’accogliente casa che ospiterà sei di noi per tre notti. Una doccia veloce e via. Senza dormire partiamo per Oujda dove incontriamo il sindaco e le associazioni locali. Un consigliere ci racconta che Oujda è stata la sede della prima scuola e della prima linea ferroviaria del Marocco. Ultima città sulla via da e per l’Algeria, Oujda un tempo attirava molti viaggiatori che attraversavano il confine e lì si fermavano per il loro primo o ultimo giorno in Marocco. Con la chiusura della frontiera con l’Algeria, Oujda ha perso il ruolo di porta tra Africa ed Europa, ma rimane una città molto interessante anche se poco turistica.

Sono i giovani del luogo a portarci per le viuzze della città. Sono simpatici ed esuberanti. Ci conducono attraverso vicoli che non avremmo mai visitato e alla fine ci chiedono una foto sullo sfondo di un murales. Per merito loro entriamo nella bottega di un fornaio e lo ammiriamo al lavoro, ma soprattutto vediamo il vero Marocco, un paese tollerante dal punto di vista religioso. Arriviamo in una piazza con una chiesa cattolica e una moschea a 50 metri l’una dall’altra. Una cosa le accomuna; il campanile e il minareto ospitano entrambi sulla sommità dei nidi di cicogna. Alla sera ritorniamo a Saidia, dove un tramonto mozzafiato sul mare dopo un temporale e l’harira, la tipica zuppa marocchina, valgono da soli il viaggio.

Il mattino seguente ci ritroviamo sul lungomare a meno di un chilometro dal confine con l’Algeria per girare un lancio del nostro reportage. Improvvisamente veniamo avvicinati da un uomo che si qualifica come agente in borghese. Ci fa un sacco di domande, ci ritira passaporto e telecamera. Parliamo, spieghiamo la natura interculturale del nostro viaggio, e così, dopo un paio di telefonate, ci lascia andare facendoci un sacco di raccomandazioni. Lo rivediamo anche il giorno seguente. Dire che ci siamo sentiti sotto osservazione è un eufemismo.

L’unica spiegazione che ci diamo è la vicinanza con l’Algeria con conseguente presenza di caserme militari. In ogni caso non ci faremo condizionare e non limiteremo la nostra curiosità e la nostra voglia di ritornare a casa con un reportage interessante. Partiamo per Nador ridente città portuale del nord-est del Marocco, centro balneare che si distende su una laguna nota come” Mar Chica” (Figlia del mare). La nostra delegazione è accolta dal sindaco di Nador e dal consiglio. Ci portano a visitare un resort da favola, dotato di campi da golf con vista mare, residenza esclusiva per pochi fortunati.

L’ultimo giorno ci alziamo di buon’ora e prima della partenza decidiamo di recarci in riva al mare a Saidia. Da lì, dalle spiagge della perla Blu del Marocco, volgiamo lo sguardo verso l’Italia e l’Europa che ci sembrano vicine. Poi via, si parte. Ci riportano ad Oujda. Il Ministro Mustapha El Khafi, delegato presso il Capo del Governo, responsabile delle relazioni con il parlamento e la società civile, nonché portavoce del governo, vuole conoscere la delegazione. L’occasione è la visita ad una splendida mostra fotografica che il Ministro avrebbe poi inaugurato nel pomeriggio. E’ molto disponibile e dà l’impressione di appartenere ad una classe dirigente giovane e preparata. Alla fine ci dedica uno spettacolo folkloristico di un gruppo locale. L’ultima parte del nostro viaggio prevede un lungo tragitto a ritroso in pullman verso Casablanca. I nostri amici del Marocco si scatenano durante il tragitto con canti e balli di ogni genere e lingua e gli italiani pian piano rispondono dando vita a momenti di cabaret indimenticabili. La compagnia è molto affiatata ed è stata il valore aggiunto al nostro viaggio.

Ultima tappa a mezzanotte nei dintorni di Meknes per una cena notturna prima dell’aeroporto. Entriamo in una “bettola” dove l’unto la fa da padrone. Gli standard igienici lasciano decisamente a desiderare, ma vinta la diffidenza mangiamo il più buon pollo della nostra vita. In altre circostanze ci saremmo pure leccati le dita, ma lì non era proprio il caso di farlo. Un trambusto movimenta le ultime ore di permanenza in terra marocchina: quattro telefoni messi in carica nella plancia del pullman vengono rubati. Sono momenti concitati, con tanto di inseguimento. Alla fine la polizia garantisce sul ritrovo degli apparecchi e sui documenti che una ragazza aveva nascosto nella cover del cellulare. Però il prezzo sarà per loro la perdita del volo.

Arriviamo all’aeroporto sfiniti ma contenti. Sono le 5 del mattino e fortunatamente i controlli sono meno pesanti che al nostro arrivo. Tre ore di un tranquillo volo tra le nuvole e atterriamo a Venezia, da dove sette giorni prima eravamo partiti. Ritorniamo stanchi ma felici, portandoci a casa ricordi di luoghi e persone che ci rimarranno nel cuore. José Saramago scrittore portoghese e premio Nobel sosteneva che “Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione.” Ecco, nello scrivere questo piccolo diario e nel montare le immagini del nostro viaggio, ci è sembrato di riviverlo con il desiderio di farvi partecipi della nostra esperienza in Marocco.

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(Fonte: Giancarlo De Luca e Luca Vecellio © Qdpnews.it).
(Foto e video ® Riproduzione riservata).
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