Come si può gestire efficacemente la fauna selvatica? Con Paola Peresin il master di secondo livello che indaga gli impatti dei grandi mammiferi e uccelli 

Conoscere l’ambiente che ci circonda è importante, soprattutto quando ci troviamo a fare i conti con dei cambiamenti: è anche per questo che nell’ambito del master universitario di secondo livello “Mammiferi e uccelli. Approcci scientifici per il controllo delle popolazioni e per la riduzione e prevenzione degli impatti ecologici e socio-economici” (PRIMA) dell’Università di Padova, il dipartimento di biologia propone un seminario sulla gestione del lupo (Canis lupus), con il patrocinio dell’Ordine Nazionale dei Biologi.

La dottoressa Paola Peresin racconta infatti che questo master, dedicato a coloro che già hanno acquisito un panorama completo del linguaggio scientifico necessario per affrontare approfonditamente il tema senza cadere in fraintendimenti con il linguaggio comune, vuole non solo pensare a come sia possibile la gestione della fauna selvatica, ma anche indagare le cause che hanno portato la società a considerarla un problema.

Il master di fatto si prefigge di occuparsi in maniera prettamente scientifica degli impatti che hanno mammiferi ed uccelli: “In questo momento storico il territorio, che in questo caso non è solo la Marca ma comprende tutto il territorio nazionale, è caratterizzato dalla presenza di specie che hanno un forte impatto dal punto di vista ecologico e socio economico, come gli ungulati e diversi uccelli” illustra la dottoressa Peresin.

Quando in una determinata area arrivano grossi animali, a ruota li seguono anche i grandi carnivori, che naturalmente producono un forte impatto sociale, che riguarda tutti gli attori direttamente coinvolti come gli allevatori e coltivatori, i cacciatori, gli ambientalisti, gli educatori e i semplici cittadini.

“È su questo tema che abbiamo un grosso gap culturale con il resto d’Europa – dice la biologa – la fauna selvatica non fa (più) parte della nostra cultura. Non è questione di ignoranza, però oggi bisogna superare questo limite culturale perché d’ora in poi gli impatti della fauna selvatica dal punto di vista territoriale saranno esplosivi”.

Il master fornirà quindi ai frequentanti gli strumenti scientifici sul controllo e la gestione di alcune specie: vuole renderli capaci di capire dove stanno i problemi “perché è chiaro, la fauna selvatica è una risorsa ma crea anche dei problemi”.

I problemi che verranno analizzati durante il corso riguarderanno la sfera scientifica, normativa, amministrativa e sociale. Ci si occuperà anche di comunicazione, ovvero il passaggio di informazioni chiare e non interpretabili, poiché basate sulla scienza.

Dopo un anno di corso di studi i masterini saranno in grado di identificare il tipo di problema e risolverlo: “Questo perché stiamo analizzando un sistema complesso, quindi è evidente che non abbiamo la risposta in tasca. Non esiste una risposta semplice e se c’è, è sbagliata”.

Peresin fa chiarezza spiegando che coloro che hanno poca dimestichezza con il mondo selvatico pensano che con l’eliminazione o arginamento di un certo numero di animali si possa risolvere il problema, ma non funziona così: gli animali selvatici non vengono facilmente contati come avviene con quelli da cortile, quindi non si può sapere quanti siano per poi procedere con delle mirate politiche di contenimento.

“Il censimento è lo strumento migliore per fare questo, altrimenti senza numeri non è possibile fare ragionamenti a lungo termine”. Il master vuole anche dare un significato ai termini, ovvero tutta la parte scientifica, normativa, amministrativa, sociale e comunicativa: il tutto rientra nella biologia della conservazione, una disciplina che vuole il rallentamento o il ripristino della perdita della biodiversità.

Una tipica risposta sociale insufficiente, perché argina il problema solo per brevi periodi, è il concetto dove “basta uccidere le femmine”: questa, sottolinea Peresin, è la differenza che si crea tra animali domestici e selvatici, quindi tra zoologia e zootecnia. In realtà esistono delle specie che più vengono abbattute più crescono: è la prova che le regole della zootecnia non sono le stesse della fauna selvatica e proprio qui nasce la necessità di istituire un master approfondito per chiarire la questione.

“Culturalmente dobbiamo investire ancora molto, espandendo il concetto anche oltre le porte dell’università” chiarisce Peresin. Aprono il seminario del 14 giugno il direttore del master Lorenzo Zane (Dipartimento Biologia, Università di Padova) e Devis Casetta, dell’Ordine nazionale dei Biologi, con i saluti introduttivi e la presentazione del seminario.

A seguire, sono in programma le relazioni di Paola Peresin (Master PRIMA) su “La gestione della fauna e la biologia della conservazione: il caso del lupo”, di Renato Semenzato (Progetto LIFE WolfAlps.EU.) su “I conflitti tra lupo e uomo: una motivazione antica e soluzioni moderne” e di Paolo Ciucci (Università di Roma La Sapienza) su “Ibridazione tra lupo e cane in Italia: una questione gestionale disattesa”.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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