“Non siamo controllori, siamo baristi e ristoratori”: tanti gestori di bar e ristoranti dell’Alta Marca Trevigiana non hanno accolto positivamente l’introduzione della misura del Green Pass che da domani, venerdì 6 agosto, sarà obbligatorio per poter accedere in determinate attività.
Parliamo della ristorazione con consumo al tavolo al chiuso, degli spettacoli aperti al pubblico, degli eventi e delle competizioni sportive, dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura oltre alle mostre, alle piscine, ai centri natatori, alle palestre, agli sport di squadra e ai centri benessere, anche all’interno di strutture ricettive, limitatamente alle attività al chiuso.
Si dovrà esibire il Green Pass anche per partecipare alle sagre e alle fiere, ai convegni e ai congressi e per entrare nei centri termali, nei parchi tematici e di divertimento, nei centri culturali, nei centri sociali e ricreativi, limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia, nei centri estivi e nelle relative attività di ristorazione, nelle sale gioco, nelle sale scommesse, nelle sale bingo e nei casinò oltre ai concorsi pubblici.
Il cittadino può ottenere il Green Pass in tre modi: inoculazione almeno della prima dose di vaccino, guarigione dal Covid-19, effettuazione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus (con validità 48 ore).
Da Valdobbiadene a Montebelluna, passando per Cornuda e Pieve di Soligo, i problemi lamentati dai baristi e dai ristoratori sono sempre gli stessi e c’è chi, logorato da mesi di chiusure e restrizioni, non ha paura di definire il Green Pass una “nuova pesante mazzata”.
“È un ruolo che non ci compete anche perché ci sono altre autorità addette a questo compito – commenta un esercente di Cornuda riferendosi ai controlli – Come pubblici esercizi e ristoranti credo che abbiamo già dato in questo senso. Il Green Pass per noi non è un grande strumento: può essere valido per chi può controllare i propri clienti uno per uno, ma non sicuramente per i bar. Immaginiamoci un giorno di mercato, dove mi arrivano tutte le signore a bere il caffè, e io devo chiedere il green pass in continuazione? E a fine giornata chi mi risarcisce di tutto il tempo perso?”.
“Io la intendo come nuova mazzata – spiega un collega di Pieve di Soligo – Il rispetto della sanità non deve essere settoriale. Se si decide per queste misure devono valere anche per gli aerei, per i treni e per le navi. Soprattutto non trovo giusto che il controllo del Green Pass sia sulle spalle dell’esercente. Se bisogna far rispettare un decreto, lo Stato deve avere gli organi per farlo”.
In molti sostengono che per effettuare i controlli alla clientela, soprattutto nei momenti di maggior afflusso di persone, sia necessario assumere qualche persona in più, mentre altri hanno paura delle reazioni dei clienti. E come si dovranno comportare i gestori delle attività per le quali sarà necessario esibire il Green Pass in caso di rifiuto del cliente?
“Non va trascurato l’aspetto delle “discriminazioni” che stanno nascendo, – afferma più di un esercente – visto che al momento per entrare in un bus, con le persone stipate come sardine, non ho bisogno di nulla mentre per prendermi il caffè al tavolo in un bar devo esibire la certificazione verde contro il Covid-19“.
Le categorie interessate da questo provvedimento comprendono la necessità di contenere i contagi in vista dell’autunno, ma questo ennesimo sacrificio rischia di esasperare ulteriormente gli animi di chi stava iniziando ad avere una boccata di ossigeno dopo un periodo nero.
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