Una visita ai cimiteri d’Alta Marca con il Quotidiano del Piave, la civiltà di un popolo passa anche dal ricordo

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“All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?” Con questa visione un po’ malinconica dominata dalla inesorabilità della morte si apre il carme “dei sepolcri” scritto da Ugo Foscolo e stampato all’inizio del 1807, a seguito dell’incontro tra il poeta e Ippolito Pindemonte.

Un’idea che nacque probabilmente a seguito di una discussione avuta con lo stesso Pindemonte sul tema della sepoltura. In quel tempo, infatti, in Italia era stato esteso l’Editto di Saint Cloud del 1804 emanato da Napoleone con il quale si prevedeva che le sepolture venissero poste al di fuori delle mura della città, per motivi igienici, e che tutte le tombe dovevano essere uguali, per conformarsi ai dettami dell’Illuminismo.

Da allora tante cose sono cambiate ma una certezza rimane inscalfibile: il culto dei morti misura il grado di civiltà di un popolo e i cimiteri, da sempre, sono lo specchio esatto del mondo dei vivi, dei loro valori e del loro modo di esistere.

Ugo Foscolo, ne “ I Sepolcri”, lo aveva perfettamente intuito arrivando alla perentoria conclusione che una società che non conserva il culto dei morti fra i suoi valori spirituali più preziosi, non merita di sopravvivere.

Sulle sponde del fiume Piave dove 100 anni fa furono sepolti i caduti della grande Guerra, la gente è molto legata al culto dei morti. Nel giorno di Ognissanti basta fare un giro di paese in paese, di contrada in contrada per vedere cimiteri non solo ordinati, ben tenuti e curati, ma anche abbelliti da fiori e frequentati da tanta gente per le funzioni religiose o per una semplice visita.

Tutto questo rinsalda quel legame tra morti e vivi, tra passato e presente e permette alla nostra società di guardare e progettare il futuro.

(Fonte: Giancarlo De Luca © Qdpnews.it).
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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