La comunità marocchina prende le distanze dal responsabile dell’omicidio di Adriano Armelin: “Deve pagare, non ci sono giustificazioni”

Per la seconda volta in meno di un anno la comunità di Pieve di Soligo si è svegliata con la consapevolezza che anche in quelle che in molti chiamano “isole felici” si possono consumare tragedie terribili come quella che ha colpito l’83enne Adriano Armelin, morto dopo le ferite riportate a seguito dell’aggressione avvenuta lo scorso venerdì 25 marzo nella sua abitazione.

Nel mese di giugno del 2021 i pievigini erano rimasti scioccati per l’uccisione della giovane Elisa Campeol (leggi l’articolo), sostenendo in più occasioni che la gente del posto non era abituata a fatti di questo tipo.

Ora un nuovo incubo ha tolto la serenità a tante persone che si chiedono se questo omicidio si sarebbe potuto evitare, e c’è anche chi chiede maggiore sicurezza sul territorio.

Secondo quanto riportato dagli inquirenti, l’autore del delitto di Pieve di Soligo sarebbe un 36enne di origini marocchine, residente nel Vittoriese, che girava da qualche giorno in città e che si sarebbe introdotto nell’abitazione della vittima per derubarla.

La comunità marocchina pievigina, colpita da questo drammatico episodio, ha voluto prendere le distanze da quello che è successo, chiedendo una pena esemplare per l’autore dell’omicidio.

“Non ci sono parole per quello che è successo – commenta Mohammed Hammouch, giovane di origini marocchine molto attivo a Pieve di Soligo – Questo gesto va condannato senza se e senza ma: non si devono cercare delle giustificazioni. Voglio però sottolineare che si tratta di un caso isolato e che la comunità marocchina prende le distanze dal responsabile di questo delitto che deve pagare per quello che ha fatto. Oltre a spezzare la vita in modo orribile a una persona, ha rovinato il lavoro che tanti cittadini fanno per favorire l’integrazione”.

Hammouch si riferisce alle iniziative che vedono da tanti anni Pieve di Soligo un punto di riferimento per l’integrazione nell’Alta Marca Trevigiana grazie a progetti come “Terra Mia” e, dal 2019, grazie al lavoro del gruppo Cultural-Mente, che ha già organizzato due importanti manifestazioni sul dialogo interreligioso oltre ad altre proposte interculturali.

“Questi episodi rischiano di distruggere tutto quello che abbiamo fatto in questi anni – continua il giovane italo marocchino – Ora c’è chi farà di tutta l’erba un fascio, condannando tutti i marocchini a prescindere. Questo non è giusto. In questo momento dovremmo cercare l’unità all’interno dell’intera comunità di Pieve di Soligo perché, ancora una volta, stiamo vivendo un momento difficile”.

“Nella cultura marocchina c’è rispetto per gli anziani e queste aggressioni sono inconcepibili – conclude – Io stesso, quando vado a trovare mio nonno, in segno di rispetto gli bacio la mano. Come possiamo accettare una violenza di questo tipo? Con il gruppo ‘Gim Giovani Italo-Marocchini’ ci stiamo impegnando molto per dare una nuova immagine del nostro Paese in Italia: quello che è successo non ci ferma ma rischia di rovinare un cammino di integrazione che è l’unica soluzione per creare una società migliore”.

(Foto: per concessione di Mohammed Hammouch).
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