Pieve di Soligo, centinaia di clienti raggirati: sequestrata la roggia di via Borgo Stolfi

Qualcuno ora dirà “L’avevo detto che non era chiaro”  quando è uscita la notizia del sequestro del vecchio mulino, la roggia (nella foto),  il palazzo in centro a Pieve di Soligo in passato sede della Volks bank e venduto ad un istituto finanziario, autorizzato anche dalla Banca d’Italia.

Invece era tutto un castello in aria, che è miseramente crollato con la truffa messa in atto da falsi promotori finanziari, culminata con 6 arresti, 11 obblighi di dimora e il sequestro di beni per milioni di euro, non tanti quanti serviranno in futuro per rimborsare – forse – oltre tremila clienti truffati attratti dal guadagno facile prospettato dai brokers arrestati sul mercato dei Forex.

Avevano raccolto abusivamente oltre 72 milioni di euro. L’operazione è scatta martedì scorso alle prime luci dell’alba quando 80 finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Venezia, con la collaborazione altri Reparti del territorio nazionale, hanno dato esecuzione ai provvedimenti cautelari emessi dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Pordenone, Rodolfo Piccin, nei confronti dalla banda che senza scrupoli ha imbrogliato centinaia di clienti, spesso anche nella cerchia famigliare. Hanno operato in dieci province tra Nordest e Centro Italia, da Venezia, Padova, Treviso, Vicenza, a Pordenone, Trieste, Udine, Bergamo, Ferrara e Perugia.

E con gli arresti sono andati in esecuzione anche i sequestri preventivi finalizzati alla confisca di beni e disponibilità di tutti gli indagati per ora di oltre 3,5 milioni di euro, 17 tra fabbricati e appartamenti, tra cui anche il noto fabbricato di via Borgo Stolfi, ma finalizzati a raccogliere fino a 44 milioni di euro, quelli che mancano all’appello. Sono in corso per questo anche rogatorie internazionali.

I reati contestati nell’inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pordenone sono quelli di associazione a delinquere, truffa aggravata, esercizio abusivo di attività di gestione del risparmio, autoriciclaggio. I capitali raccolti dalla banda invece di essere investiti, venivano, come ha stabilito la Guardia di Finanza, in parte utilizzati per remunerare gli investimenti più vecchi e, in parte, in gran parte, dirottati in conti correnti italiani e stranieri degli indagati.

In sostanza, gli interessi degli investimenti dichiaratamente maturati dai finanziatori vecchi venivano pagati con i soldi versati dai clienti successivi. Tutti erano rassicurati e in molti attratti dalla mira del guadagno entravano fornendo denaro fresco. In pratica si tratta del famigerato schema Ponzi, truffaldino e irregolare. E a disposizione degli ignari clienti anche un apposito sito internet accessibile con credenziali personali, in cui venivano manualmente caricati dati completamente artefatti relativamente alle percentuali di resa del capitale.

Per aggirare i controlli delle autorità di vigilanza finanziaria, il sodalizio si è avvalso di una serie di società estere con sede in Slovenia, Croazia, Gran Bretagna, grazie alle quali, tra l’altro, è stato aggirato il divieto all’esercizio dell’attività di raccolta finanziaria già imposto dalla Consob nel 2016 a una delle due “menti” della truffa, un 48enne di Portogruraro.

(Fonte: redazione Qdpnews.it).
(Foto: Qdpnews.it ® riproduzione riservata).
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