Pieve di Soligo, Cristian “Bruce” torna in Mozambico: “Questa volta non sarò solo”

Nuova avventura in Mozambico per Cristian Frare (nella foto sopra),  di Pieve di Soligo, negli anni gestore di vari locali della Marca. “Bruce” – così è conosciuto da tutti il 45enne pievigino – oggi partirà nuovamente per il continente africano, dove da anni appena possibile collabora con la Progetto Mozambico Onlus (Pmo), no profit con sede operativa a Bologna che dal 2001 si impegna nel fornire educazione scolastica, nutrizione e salute ai bambini della città di Quelimane.

Ma questa volta l’ex casco blu dell’Onu, che proprio in missione, nel 1992, s’innamorò del Mozambico e della sua gente, non sarà solo. Ad accompagnarlo ci saranno anche alcuni giovani di Marca, volenterosi di mettersi in gioco e dare così il proprio contributo ad una nobile causa.

“A differenza degli anni scorsi, con me verranno anche due ragazze da Conegliano, Elisabeth Peralta e Valentina Affili; due ragazze da Sernaglia della Battaglia e Farra di Soligo, Debora Galeone ed Aurora Andreola; ed un ragazzo, Ivan Stevanin, il mio migliore amico da quando vivevo a Barcellona – spiega Bruce – E’ un modo per far conoscere ai ragazzi più giovani (Aurora ha 19 anni) cos’è realmente l’Africa e come funziona: una cosa è vederla in televisione, un’altra è toccarla con mano. Spesso infatti la gente giudica senza sapere, soprattutto in questo periodo. Sarà bello osservare le facce delle ragazze quando cammineremo nel villaggio, così come osservare quelle della gente del posto che le vedrà”.

PIeve di Soligo cristian bruce gruppo

Bruce, di cosa si occupa la Pmo?
L’associazione sostiene svariati progetti a Quilimane. Si dedica alla costruzione di scuole, alla diffusione degli asili, all’educazione ed alla formazione dei giovani tramite corsi e seminari. In proposito è stata inaugurata anche una biblioteca. Dal 2004, un ospedale si occupa di malati sieropositivi, con particolare attenzione ai più piccoli. Tramite un centro nutrizionale, inoltre, la Pmo si propone di offrire un pasto sano ed equilibrato a circa 400 bambini malnutriti ogni giorno.

Quanto starete via ed in cosa consisterà la vostra “missione”?
Un mese esatto, dal 6 settembre al 6 ottobre. Dipingeremo tutta la zona dell’asilo e della scuola. Due delle ragazze si occuperanno di un corso d’inglese rivolto ai bambini tra gli otto e i dodici anni, tre volte alla settimana. Altro nostro compito sarà quello di seguire i bambini che arrivano al centro nutrizionale. Dovremo farli accomodare, assicurarci che si lavino le mani e… fare attenzione che non si picchino (ride, ndr). Inoltre ci piacerebbe realizzare un piccolo parco giochi lì vicino.

In questi mesi vi siete attivati anche promuovendo una raccolta fondi…
Si, grazie a Facebook siamo riusciti a raccogliere un bel po’ di roba. Ho detto ai ragazzi di fermarsi perché non sapevo più dove metterla, dopo tre settimane avevo già il garage pieno! In tutto abbiamo racimolato 120 chili di materiale tra pennarelli, matite, quaderni, album da disegno e cancelleria in genere, e di questo siamo felicissimi. E poi abbiamo raccolto anche una bella cifra, circa 5 mila euro: sono bei soldi se si pensa che la somma è andata via via crescendo con piccole donazioni.

Pieve di SOligo cristian bruce mozambico 2

Che Paese è il Mozambico?
Noi arriveremo in concomitanza con le elezioni, quindi in un periodo molto “caldo”… dovremo stare molto attenti. Il Mozambico è un paese sfruttato, in particolare da Stati come Brasile, Portogallo e Cina, quest’ultima in particolare lo sta prosciugando. Alle famiglie del posto manca tutto: dalle medicine ad una casa, dall’istruzione al minimo necessario. Le persone vivono ancora in capanne di bastoni e fango. La sanità è quella che è: se ti rompi una gamba, a volte te la amputano, non ci sono tutori. Le zanzariere sono un privilegio e lì c’è la malaria. La gente non muore di fame, piuttosto è malnutrita: se il padre coltiva cocco, il bambino mangerà cocco a colazione, pranzo e cena, sette giorni su sette. E naturalmente non si può vivere di solo cocco, fagioli o mango. Nel periodo della secca muore tutto, in quello delle piogge le persone si ritrovano l’acqua alta in casa. La situazione politica da vent’anni a questa parte è disastrosa. In Mozambico è così: mancano le basi di una vita – chiamiamola – normale.

Com’è cambiato il Paese dalla prima volta in cui ci sei stato, nel 1992?
A mio modo di vedere, la popolazione non ha giovato dell’arrivo di potenze come Cina, Brasile o Portogallo, anzi, semmai è più sfruttata. Sicuramente ci sono più strutture e negozi, ma il ceto alto è sempre rimasto tale – o è migliorato visto il maggiore scambio – mentre le condizioni di quello medio basso sono andate peggiorando. E’ vero, sono sorte alcune fabbriche, ma gli operai lavorano 14 ore al giorno con una paga da miseria. La retribuzione standard è tra i 70 e i 90 euro al mese e con quei soldi non puoi farci niente, basti pensare che il tonno o il succo d’arancia è più caro a Quilimane che in Italia. La spesa media al supermercato è come da noi. Per vivere, quindi, devi fare la fame o al massimo dedicarti al lavoro “mashamba” nei campi… ma poi c’è il periodo della secca.

Ecco spiegato il motivo di un centro nutrizionale …
La Pmo stringe una sorta di patto non scritto con le famiglie: in cambio del cibo devono impegnarsi a mandare a scuola i propri figli. Credo che alla base di un qualunque Stato dev’esserci l’istruzione, solo così un Paese dopo 30 anni può crescere. In questo modo i bambini vanno a scuola, imparano la matematica, l’inglese, e magari un giorno andranno all’università. Ai genitori, invece, forniamo corsi per la pulizia della persona e del cibo, di alimentazione, di computer o sulla sanità e quindi su cosa fare in caso di ferita perché il disinfettante in Mozambico non esiste. Insomma, cerchiamo di utilizzare i soldi che abbiamo per dare un’istruzione anche sulle minime cose.

Pieve di Soligo bruce mozambico 4

Questo ormai è il tuo quinto ritorno, contando anche l’esperienza da militare. Cos’è cambiato? Quali sono le tue emozioni alla vigilia della partenza?
Per prima cosa: sono un po’ agitato (ride, ndr). Mi sento responsabile, con me ci sono cinque persone, tra cui delle ragazze giovani. Per fortuna a darmi una mano ci sarà anche Ivan. L’ho già detto alle ragazze: non pensate di venire in Africa e uscire tutte le sere.  Usciremo una volta alla settimana a mangiare qualcosa, ma tutte le altre sere staremo a casa anche perché le attività cominciano alle 7 di mattina e finiscono alle 5 e mezza di sera. Ma sono motivato, abbiamo dei bei progetti in cantiere. Mi sono appena licenziato e arrivo in un momento della mia vita in cui sono più che felice di prendermi un mese di pausa per stare con i bambini. Spesso la gente mi chiede che emozione sia dargli qualcosa, ma secondo me sono più loro che danno a me: vedere il sorriso di un bambino, vederlo che non mi molla un secondo appena prima di ritornare a casa, non ha prezzo. Siamo umani ed ovviamente ognuno si affeziona di più a qualcuno di loro: vederli cresciuti, magari dopo un anno e mezzo, è sempre una bella emozione.

C’è qualcuno che speri di rivedere?
La seconda volta che sono tornato da volontario mi sono affezionato in particolar modo ad una bambina. Si chiamava Zura ed era appena arrivata nel centro. Mi avevano raccontato che aveva problemi a relazionarsi con gli altri bambini, non parlava con nessuno e quando mangiava si guardava sempre attorno perché era abituata che a casa tutti le rubavano il cibo. Sono rimasto due mesi e se qualcuno la toccava andavo in escandescenza. Cercavo di far capire ai suoi compagni di non infastidirla, incoraggiavo le altre bambine a giocare con lei e a parlarci. Il primo mese non rivolgeva la parola neanche a me. Però mi prendeva la mano e non la mollava un secondo. Il giorno della partenza per l’Italia le ho regalato due braccialettini, raccomandandomi di non dirlo a nessuno (se no poi è la fine). Ovviamente lo ha detto a tutti (ride, ndr). Dopo un anno, quando sono tornato, l’ho trovata completamente cambiata: parlava con le bambine, si relazionava. Si ricordava di me, dopo un po’ mi si è seduta accanto e questo è bastato per ripagarmi di tutto il sacrificio.

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(Intervista a cura di Mattia Vettoretti © Qdpnews.it).
(Foto: Qdpnews.it ® riproduzione riservata).
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