Il 23 maggio scorso, organizzata dall’associazione culturale Careni, è partita la rassegna “57 giorni per ricordare… Careni racconta la mafia” per celebrare i 30 anni dalle stragi che costarono la vita a Falcone e Borsellino, per promuovere il ricordo e raccogliere le testimonianze di chi lotta ogni giorno contro la mafia, come Libera, Pasquale Borsellino, Salvatore Borsellino, il quotidiano online Antimafia2000 e i giovani attivisti di Ourvoice. La rassegna si è conclusa proprio ieri, martedì 19 luglio, esattamente a trent’anni esatti dalla strage di Via D’Amelio con la presenza di Rosy Bindi.
Rosy Bindi, politica italiana che ha ricoperto incarichi di rilievo come il ministro della sanità dal 1996 al 2000 e ministro per le politiche per la famiglia dal 2006 al 2008, è stata anche vicepresidente della Camera dei deputati dal 2008 al 2013, presidente del Partito Democratico dal 2009 al 2013 e soprattutto presidente della Commissione parlamentare antimafia dal 2013 al 2018.
La sua presenza al Careni è stata simbolica e stimolante per i presenti, poiché, come ha ribadito la presidente Emma Sech, l’obiettivo era ricordare, approfondire e rispondere a molti quesiti ma soprattutto crearne degli altri nei presenti, smuovendo coscienze e convinzioni.
“Abbiamo ideato tale rassegna al fine di sensibilizzare il pubblico verso un tema delicato e spesso scomodo da approfondire. Ci siamo messi alla prova discostandoci dalla classica rassegna cinematografica per dare voce a testimonianze di realtà e personalità che dedicano con passione la loro vita alla lotta alla criminalità organizzata nel nostro Paese” ha commentato infatti Sech.
La serata si è svolta con grande partecipazione: il cinema teatro era sold out già da tempo ed è stato lasciato spazio anche a domande e riflessioni finali. Rosy Bindi infatti ha ribadito che la mafia non è stata sradicata dal nostro tessuto sociale, anzi: se prima era ben riconoscibile, oggi si è insinuata quasi camaleonticamente tra le strutture economiche e sociali che compongono le nostre comunità, semplici o strutturate.
“La mafia che conoscevamo si può dire che l’abbiamo sconfitta, in parte perché la mafia delle stragi ha provocato una forte reazione dello Stato e nella coscienza dei cittadini, quindi quella mafia non esiste più. Oggi nessun capomafia legato a quel periodo è vivo o a piede libero e questa è stata una grande vittoria italiana. La mafia però non è scomparsa, e sì, al sud è ancora molto radicata. La più potente è la ‘Ndrangheta, che è ben presente non solo in Italia ma in tutto il mondo: questo genere di criminalità è forte e prolifera perché capace di legare l’appartenenza a un territorio convivendo con esso e orientando la globalizzazione. I mafiosi sono in mezzo a noi, dobbiamo capirlo perché è il primo passo per combatterli”.
Rosy Bindi è categorica nel definire i fenomeni mafiosi: “Dobbiamo conoscerli e riconoscerli ma soprattutto non ridurli a un fenomeno criminale comune: la loro forza sta nel piegare gli interlocutori ai propri interessi: per capirci, un ladro entra in casa furtivamente e ci ruba l’argenteria per poi scappare, il mafioso invece si fa invitare e poi si fa regalare quello che gli interessa“.
Molti esperti del tema sono concordi nello stabilire che la forza della mafia oggi sta non solo nell’organizzazione ma sta fuori, nella nostra disponibilità a collaborare: nella politica, tra gli imprenditori, nella finanza ecc: “È per questo che risulta difficile sradicarla ma se rispettiamo la Costituzione e se ci impegniamo a costruire un mondo giusto, non lasciamo spazio alla mafia per proliferare e allungare i suoi persuasivi tentacoli”.
Rosy Bindi è poi stata insignita del titolo di “Carenista onoraria” e ha ricevuto in dono una targa per sancire l’evento. L’incontro è terminato alle ore 21.
(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
#Qdpnews.it