Si sente spesso dire che è importante preservare il patrimonio di tradizioni del nostro territorio, per non dimenticare quanto faceva parte della cultura popolare delle vecchie generazioni dei nostri nonni.
E c’è chi si è letteralmente messo in gioco, prestando tempo e, soprattutto, voce, per mantenere inalterato quello stesso patrimonio culturale delle nostre zone: si tratta del gruppo “Cantori da Filò del Quartier del Piave”, composto da 18 persone che, ogni giovedì sera, si incontrano nella sede degli Alpini di Solighetto, per intonare le vecchie canzoni del passato.
Brani che i contadini cantavano dopo una giornata di lavoro, nei borghi e in osteria o in casa in compagnia, quando c’era ancora l’abitudine di “far filò”, termine che indicava l’uso della gente contadina di incontrarsi nelle stalle delle case coloniche (assieme a parenti, amici o vicini), per stare al caldo grazie al calore degli animali, risparmiando sulla legna.
Un modo di fare convivialità, che oggi è andato perso. E i Cantori, con i loro canti e i loro incontri abitudinari, hanno voluto riproprorre un “filò moderno”, salvaguardando allo stesso tempo il patrimonio culturale del passato.
Una storia che il gruppo ha voluto raccontare a Qdpnews.it dalla sede degli Alpini di Solighetto (con il quale continua da decenni un fortunato sodalizio), alla presenza del capogruppo Aldo Pradella.
“Il nostro gruppo ha 30 anni di storia – hanno raccontato i Cantori, residenti in vari Comuni del Quartier del Piave – Tra il componente ‘più grande’ e il ‘più piccolo’ ci sono 36 anni di differenza, in quanto uno ha 86 anni (si tratta di Bepi, la nostra mascotte), e l’altro 50″.
Il gruppo un tempo era coordinato da Piero Marchesin, per poi lasciare spazio oggi al fratello Luca.
“Tutto è iniziato per caso, nel 1993, quando alcuni di noi facevano parte di un gruppo di cammino, che si incontrava per le uscite sui sentieri – hanno proseguito – Si trovavano in casa per organizzare queste gite. Durante questi ritrovi si cantava e, così, nel tempo è nato il gruppo dei Cantori da Filò del Quartier del Piave, un nome scelto per identificarci: all’epoca eravamo in 6-7 e oggi siamo arrivati a 18, ognuno con la propria canzone preferita”.


Addirittura c’è chi si è avvicinato al gruppo, dopo averlo invitato a cantare alla propria festa di addio al celibato.
I Cantori sono composti dai fratelli Luca e Giorgio Marchesin, Maurizio De Zanet, Maurizio Zambon, Graziano Padoin (“Bressel”), Riccardo Granzotto, Bepi Mazzero, Michele Bernardi, Renzo Vazzola, Gianni Sossai, Arcangelo Dorigo, Bruno Pasin, Pierluigi Papa, Giovanni Marchiori, Angelo Sfoggia, Pietro Zaccaron, Lino Pierdonà, Sandro Bonato.
Da lì la partecipazione ai particolari eventi del territorio, come ad esempio i tradizionali Panevin, sagre, commemorazioni, facendo da accompagnamento ad appuntamenti vari, senza dimenticare anche qualche trasferta all’estero, come ad esempio in Ungheria.
Tutto nell’ottica di tramandare la tradizione del canto popolare, sfruttando anche i canali social e Youtube, che contiene ormai un repertorio di 75 canti da loro eseguiti.
A tal proposito hanno ricordato anche Antonio Luis Piccoli, giornalista italo-brasiliano deceduto nel 2021, che dal 2009 li ha seguiti in questa avventura, vista la propria passione per i canti popolari.
“Cantiamo per noi, per il gusto di cantare e non cantiamo mai nella stessa maniera – hanno specificato – Vogliamo trasmettere delle sensazioni e fare un filò moderno, in un’epoca dove tutti sono attaccati al cellulare. Forse, nei paesini di montagna resta la tradizione di trovarsi”.
Trent’anni in cui, oltre al canto, il gruppo ha condiviso anche qualche disavventura, che ricordano ancora oggi con il sorriso, come quella volta in cui, in gita in Laguna, per pescare a bordo di alcuni barchini, questi ultimi si sono ribaltati, lasciando i Cantori letteralmente a mollo nelle acque veneziane: “Quella è stata un’avventura, ma alla fine siamo riusciti lo stesso ad arrivare a Murano e Burano”, hanno commentato ridendo.


“Solitamente le canzoni le proviamo ‘a orecchio’ e recuperiamo i tipici brani da filò, che si cantavano in osteria, la domenica pomeriggio, e in dialetto. I temi sono i più svariati: dai lavori agricoli alla morosa, dal vino ai cimiteri, senza dimenticare qualche ‘canzone un po’ osè’. Siamo andati tanto in giro anche per le case di riposo, dove gli anziani si ricordavano bene di questi brani e scendeva loro qualche lacrima mentre li ascoltavano – hanno continuato – Durante il Covid siamo stati costretti a fermarci, dato che c’era il divieto di incontrarsi, ma abbiamo tenuto duro e questo è il risultato”.
Un recupero delle tradizioni che ha consentito ai Cantori di riflettere anche sulle criticità dei nostri tempi: “Un tempo insegnavano alle scuole medie il canto popolare, partendo dal presupposto che la voce è essa stessa uno strumento. Ora questi brani non si insegnano più – hanno spiegato – Per questo, per un certo periodo, siamo andati in giro per le scuole e per gli asili: è difficile ora trovare i giovani, che potrebbero portare avanti queste tradizioni. Noi, tuttavia, siamo aperti ad accogliere delle nuove leve“.
E qual è l’augurio per il futuro che si fa questo gruppo? “L’augurio è quello di allargarci alle nuove generazioni, a giovani che abbiano passione per il canto – hanno risposto – Ci auguriamo anche che qualche osteria abbia voglia di accogliere questi canti e che le istituzioni si interessino di più a queste cose, magari promuovendo qualcosa che valorizzi i brani popolari”.
(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata – per concessione di Gianni Sossai. Video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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