“Canova portò la sua Roma a Possagno”. La lectio magistralis di Vittorio Sgarbi racconta come l’artista sia “la sintesi di tutti i tempi”

“Rinascimento è la parola più alta della lingua italiana” ha cominciato a dire Vittorio Sgarbi ieri sera al Tempio Canoviano, in occasione di uno degli eventi più importanti della rassegna dedicata al Bicentenario della morte dell’artista.

La platea, seicento persone in lista, molte di più nella realtà, ha ascoltato con un’attenzione assoluta il critico d’arte, seguendolo nelle sue analisi capaci di approfondire l’identità di Canova non solo nel suo tempo, ma anche nel passato e nel presente. Un momento importante a conclusione di una giornata dedicata all’artista, condivisa con la collettività del paese ma anche tanti, tantissimi visitatori.

Al mattino è stata inaugurata la casa natale di Canova, recentemente recuperata e ora resa disponibile alle visite.

Dopo l’intervento di apertura del sindaco Valerio Favero, la lectio magistralis è iniziata con una danza “su schermo”: un’armonia multimediale tra alcune delle sculture più importanti dell’artista, a confronto con pitture e musiche rinascimentali. Il risultato del progetto, ideato proprio da Sgarbi, racconta da una nuova prospettiva aspetti che vanno dalla “sublime vaghezza” alla “celebrazione del potere”. Proprio la relatività dell’interpretazione delle opere d’arte è stato uno dei temi del discorso del presidente della Fondazione Canova: “Questa è la prima volta che si celebra la grandezza di Canova – ha spiegato, – nell’ottobre del 1922, al primo centenario dell’artista, la Marcia su Roma ha cancellato completamente questa ricorrenza. Al Bicentenario della nascita, poi, l’artista è stato annientato dal più grande critico di quell’epoca, Roberto Longhi, che lo riteneva “nato morto”. Ci sono voluti settant’anni per liberarlo di quella maledizione”.

“È inutile dire che Canova è di Possagno o è di Bassano, Canova è di Roma e vuole esserlo: quella di Canova è la continuazione della vita di Raffaello, che rappresenta il primo vero conservatore di Roma – continua Sgarbi, – Nella capitale ha uno studio meraviglioso, ma sente che il tempo lo incalza così sceglie di portare Roma a Possagno: prende il Pantheon e lo porta qui, dove un piccolissimo paese diventa la sua capitale. E così fa Andrea Mantegna con Padova, Palladio con la Rotonda di Vicenza, l’architetto Scarpa con l’omonima Ala della gipsoteca e con Tomba Brion ad Altivole. Per questo Canova è la sintesi di tutti i tempi. Il resto è niente”.

Vittorio Sgarbi ha parlato anche del rapporto tra Canova, la mitologia e l’amore, considerando due delle sue più significative opere, Orfeo ed Euridice e Amore e Psiche: “C’è qualcosa di meraviglioso in questi miti – ha commentato -, Orfeo ed Euridice è il mito di un amore assoluto. Orfeo va negli inferi per recuperare una donna che è morta e senza la quale non può sopravvivere. Gli dei degli Inferi sono clementi con lui e gli consentono di portarla via alla condizione di non voltarsi. Ma ha il dubbio che l’abbiano ingannato e che Euridice non sia viva ma sia un’ombra. Si volta e perde Euridice per sempre. Questo è l’amore. Qualcosa che c’è e non c’è. Qualcosa di assoluto perché hai sempre il timore che finisca. Canova ha conosciuto l’amore per poco”.

Si è parlato anche di Paolina Borghese e dell’incidente con il turista austriaco: “Il gesso della Paolina Borghese ha avuto compimento quando un austriaco le ha rotto le protesi delle dita. È stato un momento sublime: tutto il mondo ha conosciuto Possagno – ha ironizzato Sgarbi -. L’altra minaccia che affrontiamo ogni giorno è la censura su internet: un algoritmo sul web vede della pornografia nelle opere e questo, se consideriamo attentamente, non è senza fondamento. Il capolavoro di Canova mostra una donna contemporanea, in una posizione comoda che lui riesce a divinizzare. Il 22 gennaio 1818, Paolina scrive una lettera al marito chiedendo di non concedere a nessuno di vedere la propria statua di marmo, che sfiora l’indecenza. Alle visite ufficiali lui la nasconde in una cassa, per non farla vedere agli ospiti. Il miracolo dell’arte è che noi non la vediamo come una volgarità, rovesciando l’interpretazione”.

Il presidente Sgarbi, tra le righe del suo discorso, non ha dimenticato di ringraziare la direttrice del Museo Gypsotheca Antonio Canova Moira Mascotto e le associazioni culturali che mirano a valorizzarne le opere, non soltanto in occasione del Bicentenario bensì quotidianamente: tra le iniziative a calendario, infatti, molte hanno visto il coinvolgimento della comunità possagnese.

(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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