Veronica, salvata a 14 anni da un trapianto di midollo, dopo quattro anni di terapie inizia a vivere di nuovo: “I donatori mi hanno tenuto in vita”

Veronica, salvata a 14 anni da un trapianto di midollo

Veronica, di Possagno, viveva una vita come tutte le altre ragazze, faceva sport e andava a scuola, quando, a tredici anni, iniziò a scoprirsi sulla pelle degli strani ematomi. “All’inizio non sembrarono nulla di cui preoccuparsi – ha raccontato – erano come delle botte e, facendo pallavolo, pensai di essermele causate giocando”.

Quando iniziarono a spuntare anche delle macchioline rosse sulle gambe (petecchie, nel vocabolario medico), Veronica capì che quei lividi che gli si formavano addosso non erano botte, ma qualcosa di più preoccupante: i suoi genitori la portarono a fare un controllo a Feltre. 

“Mi fecero un esame del sangue d’urgenza e capirono rapidamente che qualcosa in me non quadrava: nel mio sangue i livelli relativi alle piastrine risultarono estremamente bassi rispetto alla norma. Così mi ricoverarono per una settimana, per iniziare una terapia specifica”. 

La cura, basata sulle immunoglobuline, non funzionò e anzi avrebbe potuto aggravare la situazione: tutto per Veronica e la sua famiglia sembrò precipitare. Anzi, non tutto: “Mi spaventai tanto all’inizio, però sono sempre stata convinta che la migliore arma per sconfiggere qualsiasi cosa sia il sorriso, la positività. 

Così tenni duro e andai all’Ospedale di Padova, per sottopormi a tutti gli esami che fosse necessario sostenere”. In questo periodo, Veronica si recò all’ospedale tre o quattro volte alla settimana: le vennero somministrate 144 sacche di piastrine e 24 di sangue all’anno. “I donatori mi hanno tenuto in vita. Lo devo a loro se sono qui oggi”. 

Col passare dei mesi, i medici scelsero di avviare un’altra cura sperimentale: Veronica iniziò a prendere tredici pastiglie al giorno, ogni giorno, ma anche questa sembrava non poter essere la soluzione finale alla sua rara malattia. 

“Il trapianto di midollo in genere è l’ultima spiaggia, perché non è facile trovare una compatibilità e non è detto che ci sia la disponibilità a donare, ma quattro anni fa un ragazzo svedese di ventisei anni, quello che è stato il fratello genetico, si rese finalmente disponibile a donare. Ho avuto tantissime complicazioni durante il trapianto e ci ho messo tanto prima che il midollo funzionasse: il mio corpo ha reagito con un enorme ritardo alla presenza delle nuove cellule staminali ed è solo oggi, dopo quattro anni, che posso iniziare a vivere una vita normale”.

Oggi Veronica, che ha compiuto 18 anni, fa la quarta al Liceo Artistico Fabris a Nove e vuole diventare una designer di successo, non può più praticare sport agonistici ma inizia a poter fare qualche attività durante l’ora di educazione fisica, ma la cosa che vuol fare con maggior intensità è continuare a portare la sua testimonianza con l’Aido e l’Avis per sensibilizzare sull’importanza di donare, in tutti i sensi. L’ha fatto, per esempio venerdì 2 giugno, in sala consiliare a Fonte, davanti ai neo-diciottenni.

“Purtroppo non potrò mai ringraziare il mio fratello genetico per il gesto che ha fatto. Ma posso dire grazie a tutti coloro che si tipizzeranno (ovvero si sottoporranno alle analisi necessarie) e a chi dona il sangue. Ero solo una bambina quando tutto è iniziato, ora sono adulta e posso finalmente prendere in mano le redini della mia vita. Generalmente le persone sono inconsapevoli del fatto che esiste un altro mondo negli ospedali: io sono qui, ma ho conosciuto anche persone che non ce l’hanno fatta – conclude Veronica – Non per questo bisogna smettere di combattere”. 

(Foto: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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