È stato celebrato oggi mercoledì, nel sito di scavo a Colmaggiore di Tarzo, il centenario dal primo ritrovamento archeologico nella zona.
Era il 1923 quando Bernardo Carpenè, dirigendo le operazioni di dragaggio del canale delle Barche, portò alla luce i primi resti di un villaggio palafitticolo e una bellissima spada in bronzo a base semplice, di tipo Sauerbrunn.
Promossa dal Dipartimento di studi Umanistici dell’Università di Ferrara e finanziata da Regione del Veneto – tramite il Programma regionale Grandi Eventi –, Banca Prealpi SanBiagio, Unione Montana delle Prealpi Trevigiane, l’eurodeputato Gianantonio Da Re e Ferramenta Bottega di San Pietro di Feletto, la giornata ha illustrato la quarta campagna di scavo attualmente in atto, alcuni ritrovamenti (tra cui resti umani) e ha presentato le diverse attività volte alla promozione del primo ritrovamento nei laghi di San Giorgio e Santa Maria: le palafitte, attualmente l’unico sito in corso di scavo e visitabile.
Le attività riguarderanno un biennio di iniziative: mostre itineranti (la prima in autunno al Museo Civico di Conegliano in cui verranno esposti tutti i reperti dal 2019 ad oggi), visite guidate (in collaborazione con il Parco Livelet e Ulss Marca Trevigiana), una serie di bottiglie con tessuti utilizzati nella preistoria, dirette web dallo scavo grazie alla collaborazione con Luxottica la quale ha donato degli occhiali di ultima generazione che permetteranno di eseguire foto e filmati e la conferenza inaugurale di fine anno con i risultati dei ritrovamenti. Progetti che si affiancheranno alle ricerche archeogeofisiche e geoarcheologiche del progetto reLacus, attivo dal 2019.
Le autorità e collaboratori presenti alla giornata di festa – tra cui il tenente colonello del Reparto Carabinieri Biodiversità di Vittorio Veneto Michele Di Cosmo, la professoressa Ursula Thun dell’Università di Ferrara, l’onorevole Da Re, il vicepresidente dell’Unpli Treviso Rino Furlan, il presidente della Pro loco di Tarzo Luciano Piaia, hanno ringraziato per il grande lavoro di ricerca, promozione e collaborazione che viene fatto ogni giorno nel territorio dei due laghi.
Tanti strumenti in selce, ceramica decorata dell’età del bronzo e tre denti umani: questi alcuni ritrovamenti della quarta campagna. “Oggetti importanti che ci aprono nuove prospettive sui nostri progenitori di questo territorio” ha detto Marta Modolo, ideatrice, assieme a Lorenzo Fattorel, del progetto reLacus.
“Vorrei manifestare la mia gioia e il mio entusiasmo per le nuove scoperte archeologiche avvenute di recente presso i laghi di San Giorgio e Santa Maria a Revine Lago e Tarzo. Questi ritrovamenti sono preziosi perché ci permettono di ampliare la nostra conoscenza del passato, di scoprire nuove informazioni sulle civiltà che hanno abitato il Veneto e di comprendere meglio l’evoluzione dell’umanità nel corso dei secoli, preservando la memoria delle civiltà venete. Mi congratulo con tutti gli archeologi, in particolare la dottoressa Modolo e l’architetto Fattorel, e con le squadre di ricerca composte sia da studenti che docenti, che contribuiscono a tali scoperte significative”.
Con queste parole il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, ha espresso la propria soddisfazione per la ripresa degli scavi archeologici ai laghi di San Giorgio e Santa Maria.
“Proprio in occasione del centesimo anniversario dai primi ritrovamenti del sito palafitticolo di Revine e Tarzo, una spada in bronzo del 15° secolo a.C., che la Regione del Veneto ha inserito nelle celebrazioni dei Grandi Eventi al fine di valorizzare e promuovere le eccellenze culturali, ambientali, turistiche e produttive del nostro territorio, arriva la notizia di questi nuovi, importanti, ritrovamenti – continua -. La Regione intende tutelare, valorizzare e promuovere la visibilità storico-archeologica del luogo, rendendo le scoperte un valore unico per la cittadinanza.
L’archeologia è un campo affascinante e il lavoro degli archeologi è di fondamentale importanza per la conservazione e la valorizzazione del nostro patrimonio culturale. Questi resti forniscono preziose informazioni sulla vita quotidiana, sull’economia e sulla cultura dei nostri antenati gettando nuova luce su aspetti meno noti delle comunità che abitavano la nostra regione nel corso dei secoli – conclude il presidente -. Le scoperte archeologiche nei laghi della vallata di Treviso rappresentano un patrimonio culturale di grande valore, che richiede attenzione, conservazione e studio continuo da parte degli esperti. Non possiamo che sostenere le iniziative dirette a candidare il sito palafitticolo di Revine e Tarzo a patrimonio Unesco”.
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