Le donne della Serenissima è stato il tema del secondo incontro di “Impronta”, rassegna di incontri sul territorio, promossa dal Comitato pro loco Unpli Treviso e patrocinata dai Comuni della Vallata.
L’incontro si è tenuto giovedì 11 maggio, nell’ex chiesa di San Giorgio a Revine Lago: a tratteggiare una galleria delle donne veneziane, è stato Alessandro Marzo Magno, giornalista, scrittore e noto saggista storico, già autore del volume “Serenissime. Le donne illustri di Venezia dal Medioevo a oggi” delle Edizioni Biblioteca dell’Immagine.
“Dobbiamo immedesimarci nel tempo a cui ci riferiamo e comprendere la diversità di trattamento subita dalle donne nei secoli”, è stata la premessa di Marzo Magno, il quale ha accompagnato il pubblico in un viaggio alla riscoperta dei profili, più o meno noti, di donne veneziane dai tempi della Serenissima a oggi.
Tra queste c’è il ritratto di Marietta Barovier, la “maga del vetro”, figlia di un mastro vetraio molto noto. La donna, vissuta nella seconda metà del XV secolo, aprì un laboratorio, dove sviluppò la produzione di vetri colorati poi divenuti, suo malgrado, la moneta di scambio con cui venivano pagati gli schiavi.
Bianca Cappello (siamo nel Cinquecento) fu l’unica veneziana a diventare Granduchessa di Toscana: la giovane proveniva da una famiglia molto potente e, attraverso un gioco di sguardi, si innamorò di un garzone, un certo Salviati.
Quest’ultimo la rapì e la condusse, in una vera e propria fuga d’amore, a Firenze: considerato l’assetto geopolitico della nostra penisola all’epoca, si trattava di un altro stato.
Lì, però, il garzone si rivelò essere un poco di buono, che trascorreva le serate a ubriacarsi in osteria e proprio lì perse la vita.
Bianca divenne quindi l’amante di Ferdinando I Medici, granduca di Toscana, che poi la sposò, “in una fase in cui i rapporti tra Venezia e Firenze erano buoni”. La vicenda di Bianca e Ferdinando, però, non ebbe un epilogo positivo: entrambi morirono, a distanza di un giorno l’uno dall’altra, ufficialmente di malaria, ma si sospetta si sia trattato di un caso di avvelenamento, avvenuto in una villa medicea fuori Firenze.
Immancabile il riferimento a Elena Lucrezia Corner Piscopia, “donna innamorata del sapere” e prima laureata al mondo (sono ancora conservati i verbali della sua seduta di laurea).
Come ha spiegato Marzo Magno, Elena non era realmente interessata a ottenere il titolo accademico, ma fu tutta un’operazione voluta dal padre, il quale aveva sposato una popolana, avendo così perso il rango patrizio e l’accesso, anche per i figli, al Maggior consiglio della città (composto dalle famiglie illustri, come i Rezzonico e i Labia). La fama della famiglia, con questo matrimonio, era stata oscurata.
Corner (che non era imparentato con la regina Cornaro) decise quindi di acquistare l’accesso al Maggior consiglio per i figli e di far laureare la figlia. L’obiettivo era quello di ottenere per lei una laurea in Teologia: un fatto a cui si oppose il vescovo di Padova, il cardinale Barbarigo, contrario al fatto che una donna potesse insegnare ai futuri sacerdoti. Venne quindi trovato un compromesso e cioè che Elena si laureasse in filosofia: la sua laurea fu un evento epocale.
“Da notare come donne come Elena avessero dei padri illuminati: in questo caso, Corner mise a disposizione della figlia la propria biblioteca – ha spiegato Marzo Magno – Da notare, inoltre, che questo padre si sposò per amore con una popolana, cosa non usuale all’epoca”.
Una figura settecentesca di rilievo fu poi la giornalista Elisabetta Caminer, la “prima direttrice di giornale”, mentre nel Novecento da evidenziare la vicenda di Giuliana Coen Camerino, nome di rilievo della moda, di famiglia ebrea, e forse uno dei profili a cui Marzo Magno è più affezionato.
Nel 1938 Giuliana fu cacciata dal liceo classico che frequentava a Venezia, a causa delle leggi razziali. L’anno successivo, per sostenere la maturità da privatista, tornò nello stesso liceo che frequentava: una volta giunta lì, si sedette a un banco per sostenere l’esame, ma i commissari le dissero di sedersi in un altro banco ai margini della stanza.
Un giovane chiese il motivo di questa risposta e gli risposero che era dovuto al fatto che la ragazza fosse ebrea.
Il giovane rispose che nemmeno lui era ariano e, quindi, sedette a uno dei banchi riservati agli studenti ebrei. Lo stesso fecero tutti gli altri compagni. Una bella storia di solidarietà umana.
Una galleria di donne, quelle presentate da Marzo Magno, che fa riflettere su quante storie ci siano ancora da approfondire, esempi femminili ricchi di spunti per il presente ma che, allo stesso tempo, fanno riflettere su quanta fatica nel tempo abbia fatto, e continui a fare, tutto questo universo di donne.
“Se sono belle storie, credo che vadano raccontate, a prescindere che si tratti di uomo o donna – ha osservato Marzo Magno a tal proposito – Bisogna raccontare ciò che va la pena essere raccontato”.
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