Aveva fatto discutere a marzo il caso di Cambridge Analytica, società di consulenza britannica sorta nel 2013 – e che lo scorso 2 maggio ha dichiarato bancarotta -, a causa dello scandalo che l’ha vista coinvolta: al centro della bufera le discusse modalità di raccolta dati a sostegno della campagna elettorale del presidente americano Donald Trump.
Infatti, sarebbero stati raccolti i dati di circa 50 milioni di utenti statunitensi – “spiati” nei loro profili social – per influenzarne il voto: dinamica che aveva posto molto attenzione sul tema della privacy e dei rischi derivanti da un’eccessiva esposizione personale sul web.
Coinvolto nell’affaire Cambridge Analytrica anche Giovanni Doni, ingegnere di 32 anni originario di San Pietro di Feletto. Doni, con un passato accademico brillante al King’s College di Londra, dove ha concluso un dottorato di ricerca dopo la laurea all’Università di Trieste, aveva già dato segni del suo acume negli anni delle superiori trascorsi al liceo scientifico “Guglielmo Marconi” di Conegliano.
Un ingegnere brillante e dal futuro promettente e di prestigio, tanto da essere assunto nell’agosto del 2015 da Scl, società affiliata a Cambridge Analytica – la quale ora ha dichiarato bancarotta sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna.
Ma come è nata tutta questa bufera? E soprattutto, perché è stato fatto il nome di Doni?
Secondo un articolo del 17 marzo del quotidiano britannico “The Guardian”, Cambridge Analytica avrebbe già ricevuto nel luglio del 2014 un avvertimento legale sui rischi corsi nel mantenere uno staff per la campagna presidenziale dove ci fossero anche dei dipendenti stranieri: in sostanza, la società veniva messa in guardia, perché avrebbe infranto una legge federale statunitense, secondo la quale non sarebbe consentito assumere personale straniero in attività collegate alle elezioni presidenziali, per una questione di sicurezza nazionale e per evitare eventuali influenze sul voto.
Avvertimento rimasto inascoltato negli anni a seguire, a giudicare da quanto affermato da Federica Nocera, analista dati assunta da Scl nel 2015 come Doni, che in un’intervista del 10 gennaio 2017 rilasciata al quotidiano Il Sole 24 ore, ha dichiarato che sarebbero stati “tre su quattro nel team di Data Science” gli italiani – compresa lei – che hanno collaborato alla campagna elettorale di Trump.
E il fatto che anche Doni fosse nel team è confermato da una foto fatta circolare a metà dello scorso aprile su alcuni profili twitter americani – probabilmente collegati a forme di opposizione a Trump -, dove gli stessi Doni e Nocera vengono immortalati insieme ad altri colleghi ancora nell’estate del 2016 a San Antonio in Texas: uno staff impegnato nel Project Alamo, un database di informazioni dei votanti creato per la campagna presidenziale di Trump.
Se in questo momento sono in corso indagini penali sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna – la sede londinese di Cambridge Analytica è già stata oggetto di perquisizioni – ora Doni si trova di fronte al rischio della perdita del lavoro – cosa che, vista la situazione, pare quasi essere il “male minore” -, ma è anche invischiato nello scandalo della società dove era stato assunto e che risulta aver infranto una legge federale nel coinvolgere personale straniero durante la campagna di Trump. Personale straniero proprio come Doni.
(Fonte: Arianna Ceschin © Qdpnews.it).
(Foto: Youtube, Cambridge Analytica).
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