A che punto siamo con la flavescenza dorata? Questa è la domanda principale a cui i relatori hanno dato una risposta ieri sera, in occasione di un incontro sul tema della viticoltura, tenutosi nell’aula magna della scuola primaria di Rua di Feletto.
L’incontro, organizzato dal Comune di San Pietro di Feletto (ieri sera rappresentato dal vicesindaco Loris Dalto), ha visto il supporto e la collaborazione del Consorzio di Tutela Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg (in platea era presente la vicepresidente Cinzia Sommariva), di Banca Prealpi SanBiagio (rappresentata da Luciano Salvador, referente per la banca del Settore Agricoltura), dei Dipartimenti DAFNAE dell’Università degli Studi di Padova e DI4A dell’Università di Udine.
La serata è stata coordinata da Benedetto De Pizzol dell’Associazione Città del Vino.
Come emerso durante la serata, la flavescenza dorata ha richiesto un triennio di ricerche, le quali hanno mostrato come la malattia abbia avuto una sensibile diminuzione nel tempo, anche se l’attenzione rimane comunque alta, nonostanta la situazione sia sensibilmente migliorata.
“La ricerca ha dato i suoi risultati e deve procedere – le parole di Carlo Duso, docente dell’ateneo padovano – A noi spaventava questa epidemia e, soprattutto nel 2020, ci rendevamo conto che stava facendo dei passi da gigante e volevamo sapere quali fossero i principali fattori di questa malattia”.
“Abbiamo voluto inoltre verificare se i boschi avessero influenza sulla diffusione dei vettori – ha proseguito – Nel 2020-2021 il lavoro di monitoraggio si è concentrato in particolare su quattro aree critiche di San Pietro di Feletto e Valdobbiadene, individuando una serie di fattori. Nel 2021, ad esempio, gli stadi giovanili dell’insetto interessavano l’89% dei vigneti. Bisogna dire che, in questi anni, sono state fatte anche tante chiacchiere senza dati: la questione è che ci vogliono tanti dati e devono essere reali”.
“Solo un prodotto riusciva a essere efficace contro la flavescenza dorata, ma nessuno lo usava, perché non era a disposizione dei rivenditori – ha aggiunto – Nel 2022 la riduzione della malattia è avvenuta grazie all’efficacia degli insetticidi sistemici. La malattia si manifesta, infatti, in tempi ritardati e il bosco, a tal proposito, non rappresenta un rischio, nel caso in cui non contenga delle viti selvatiche”.
“C’è da dire poi che le problematiche legate alla flavescenza dorata hanno aumentato il consumo di insetticidi – ha precisato il docente universitario – Ciò provoca il rischio che si crei una forma di resistenza: la situazione ora sta rientrando, con l’utilizzo dei trattamenti in linea con le indicazioni della Regione”.
Secondo la relazione di Duso, i dati emersi tra il 2021 e il 2022 dimostrerebbero che non si sono formati nuovi ceppi della malattia tra i vitigni.
Un aspetto emerso anche nel corso delle relazioni condotte da Lisa D’Ambrogio (ateneo di Padova), Francesco Pavan e Marta Martini (Università di Udine).
Secondo quanto spiegato, nella zona di San Pietro di Feletto erano stati individuati dei focolai, sia in forme giovanili (dovute alla scarsa efficacia delle strategie di controllo) che adulte: dati che sono stati raccolti grazie a dei censimenti e alla raccolta di campioni fogliari, tutto materiale che ha contributo alla creazione di appositi grafici sul tema.
“In precedenza, fino al 2020, l’intervento insetticida era fallito – ha chiarito il professor Pavan – I trattamenti venivano fatti tardi, quando i ceppi erano già adulti, con un’efficacia molto bassa: il fallimento è stato quindi dovuto a delle strategie errate. Ora, con gli insetticidi a disposizione, è possibile individuare delle strategie efficaci”.
Tra il 2021 e il 2022 le forme giovanili dell’insetto responsabile della malattia erano a livelli quasi identici. Successivamente, le forme giovanili del ceppo hanno visto un abbattimento del 70% e poi del 90%, con un ulteriore abbattimento del 40% nel 2023.
Ricapitolando, tra il 2021 e il 2022 non era stato registrato nessun calo della malattia, calo invece avvenuto del 64% tra 2022 e 2023. Una situazione che ha portato a una perdita della produzione tra 2021 e 2022, mentre nel periodo 2022-2023 era diminuito il volume delle viti ammalate.
“I vigneti con sintomi gravi sono stati estirpati – hanno chiarito i relatori – e gli estirpi sono stati necessari. Questi sacrifici hanno portato alla riduzione della malattia”.
“Abbiamo verificato se la flavescenza dorata fosse presente anche in altre cosiddette ‘piante ospiti’ – ha chiarito Marta Martini – I campioni di dna delle viti sono stati sottoposti a delle indagini molecolari, per indicare il patogeno. Abbiamo inoltre analizzato quali altre piante ospitassero dei ceppi simili a quelli della flavescenza, anche per capire le particolarità dei ceppi stessi. L’attività continuerà a concentrarsi su un monitoraggio futuro delle specie vegetali“.
Attualmente sono due le categorie di insetticidi a disposizione, anche se i relatori hanno raccomandato più volte di porre attenzione al numero di trattamenti effettuati, evitando così il rischio che si sviluppino delle forme di resistenza ai prodotti stessi: “La regola principale è quella di non eccedere con il numero di trattamenti – hanno chiarito – Meglio fare pochi trattamenti, ma fatti bene (stando attenti a non squilibrare il ‘sistema vigneto’) e l’efficacia c’è se il prodotto colpisce l’insetto. Non dobbiamo mai deporre l’ascia di guerra, ma rimanere vigili: i problemi vanno affrontati nella globalità”.
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