La Galleria dell’Eremo della sede municipale del Comune di San Pietro di Feletto (ex eremo camaldolese) ha ieri sera ospitato un convegno per ricordare monsignor Nilo Faldon (a cent’anni dalla nascita), figura religiosa che ha saputo distinguersi non soltanto nel campo dell’insegnamento, ma soprattutto nell’ambito della ricerca archivistica, che nel suo caso si è rivelata fruttuosa nel ricostruire i tratti più interessanti della storia locale.
A moderare l’incontro, tappa degli appuntamenti proposti in settimana da Comune e Pro loco (qui l’articolo), la consulente storico-artistica Nadia Lucchetta, che ha colto l’occasione per raccontare la sua personale collaborazione con il monsignore e per condurre il pubblico in una vera e propria narrazione della storia che ha caratterizzato l’esperienza della figura ricordata.
Ad aprire il convegno – a cui erano presenti autorità e rappresentanti del territorio felettano, coneglianese, pievigino e della Regione Veneto – un particolare cortometraggio, dove sono state ripercorse le tappe principali del vissuto di monsignor Nilo Faldon, a cent’anni dalla nascita, con un repertorio di immagini anche familiari che è stato, come ha spiegato Nadia Lucchetta, “frutto di tanto lavoro di ricerca. Un inedito assoluto, emozionale”.
Prima della proiezione il sindaco Maria Assunta Rizzo ha ricordato che il 2021 è un’anno particolare, in cui ricadono tre centenari: oltre a quello di monsignor Faldon, anche quello di monsignor Nilo Tonon e dello sceneggiatore Rodolfo Sonego, quest’ultimo già ricordato con una precedente mostra fotografica (qui l’articolo).
“Da ragazzo volevo sapere tante cose e nessuno poteva rispondermi”, è la frase che monsignor Faldon ripeteva a quanti gli chiedevano quale fosse la fonte della sua passione per la ricerca e che l’ha condotto alla direzione dell’Archivio diocesano di Vittorio Veneto nel 1966. Una passione tradotta nella donazione nel 2010 (6 anni prima della sua scomparsa), di 1.600 volumi scelti per creare una vera e propria “biblioteca nella biblioteca” comunale.
Ma della figura del religioso sono state ricordate anche la capacità di avvicinare le platee “più scettiche ed esigenti” nelle sue prediche, la passione per la scrittura poetica (con la lirica dedicata alla madre) e per annotare tutto ciò che lo riguardasse o risultasse ai suoi occhi interessante, arrivando a costituire una sorta di archivio relativo alla sua persona, grazie al personale e meticoloso lavoro di raccolta di documenti, annotazioni e ritagli di giornale in apposite cartelline (a tal proposito è stata ribadito più volte il suo attaccamento alla macchina da scrivere).
Senza contare la stima nutrita nei confronti della figura della donna (a partire dalla madre e dall’immagine di Elena Cornelia Piscopia, la prima donna laureata) e dei giovani (“Bisogna trovarsi a lungo coi ragazzi per comprenderli”), mentre Francesca Girardi e Nadia Giacomini dell’Archivio storico diocesano di Vittorio Veneto ne hanno ricordato “le accortezze e i modi paterni”, senza scordare i ricordi della passata amministrazione felettana e del nipote Eugenio Faldon.
A tutto ciò si sono aggiunte le parole di Giovanni Dal Piaz, priore dei monaci camaldolesi dell’eremo veronese di San Giorgio a Bardolino, il quale ha fatto una narrazione degli eremi camaldolesi, da intendere come “una dimensione dello spirito” e di “ricerca personale di relazione con Dio”.
“La memoria è dentro alle vostre storie”, ha dichiarato Dal Piaz, facendo un riferimento al patrimonio storico di tutta la comunità del felettano.
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