Prende il nome di Albero della fede l’opera inaugurata la scorsa domenica 13 settembre nella sede del Clan Verdurin, nella frazione di Santa Maria di Feletto del Comune di San Pietro di Feletto, un vero e proprio circolo culturale privato dove, a partire dalla sua fondazione nel 1962, si sono dati appuntamento i più grandi nomi del panorama artistico-culturale del Novecento italiano.
Un salotto culturale, quindi, guidato dai coniugi Lia e Flaminio De Martin, che riprende il proprio nome dalla coppia Gustave e Sidonie Verdurin, personaggi dell’opera “Alla ricerca del mondo perduto” dello scrittore francese Marcel Proust, che nella propria abitazione ospitavano un salotto di letterati, simbolo dei veri e propri salotti borghesi parigini.
Un ambiente stimolante come quello dei coniugi De Martin, iniziato con i primi ritrovi con sette medici di Conegliano e i veneziani Segurini e Deana, a cui poi si sono aggiunti Giovanni Comisso, Carlo Della Corte, Alberto Moravia, Mario Soldati, Fulvio Tomizza, Diego Valeri, Neri Pozza, Toti Dal Monte, Andrea Zanzotto, Mario Luzi.
Ma anche personaggi come Walter Chiari, Federico Fellini, Stefania Sandrelli, Oreste Lionello, Marcello Mastroianni, Rodolfo Sonego, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Gianni Minà: solo alcuni dei nomi che hanno affollato le stanze della casa di Santa Maria di Feletto, dove sono ancora presenti i segni e i ricordi di questi personaggi illustri.
E anche domenica scorsa il Clan Verdurin ha organizzato uno dei propri ritrovi, stavolta per celebrare la pittura di Marcello Leoncini, artista celebrato da profili come Pier Paolo Pasolini che ha esposto alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma, e del figlio Paolo, anch’egli artista e docente, ora in pensione, di Letteratura italiana contemporanea all’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Proprio Paolo Leoncini, introdotto dall’artista Valerio Pazzaia, ha parlato dell’arte di famiglia. Arte che è stata protagonista dell’incontro, con l’inaugurazione dell’Albero della Fede realizzato da Letterio Riso e benedetto da don Giuseppe Gerlin: una scultura realizzata su un’unica lastra di ferro a taglio laser con due elementi a incastro.
Una statua dedicata alla figura di papa Giovanni XXIII, che in passato aveva sostato proprio a casa dei coniugi De Martin, dove sorgeva una bottega e una pompa di benzina.
“Si tratta di una scultura nata per dare un segno tangibile. – ha dichiarato Letterio Riso, grafico e illustratore di professione – L’albero è simbolo dell’esperienza, che affonda le proprie radici nel passato, mentre il libro della vita è simbolo del futuro che ognuno di noi può personalizzare”.
Un’opera ispirata al concetto di “radici” e “cultura”, che “vuole far riflettere sui valori di ogni singolo uomo, perché tutti possano riconoscersi nel semplice e meraviglioso fatto di esistere”, in quanto “la vita diviene un bene prezioso, sostenuto e alimentato da profonde radici”.
Una connessione tra passato e futuro che gli stessi Lia e Flaminio De Martin, con l’impegno di una vita per la cultura, hanno da sempre voluto valorizzare.
(Fonte: Arianna Ceschin © Qdpnews.it).
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