“Giacomo Matteotti, la memoria dopo 100 anni”: una cerimonia per ricordare la sua vita a difesa della democrazia

La memoria storica è stata protagonista ieri sera a San Vendemiano dove, nella sala consiliare del municipio, si è tenuto l’incontro pubblico “Giacomo Matteotti, la memoria dopo 100 anni”.

L’incontro, che ha visto una folta partecipazione, ha voluto ripercorrere i fatti che hanno portato all’assassinio del segretario del Partito socialista.

Presenti all’iniziativa Giuseppe Tasso, sindaco di Fratta Polesine (in provincia di Rovigo, Comune dove nacque e visse proprio Giacomo Matteotti), e Antonio Fojadelli, ex procuratore della Repubblica di Treviso, con la voce narrante di Elisa Nadai e l’accompagnamento musicale di Enrico Nadai.

Un tragico centenario che a San Vendemiano è stato celebrato anche con la sistemazione di coccarde in via Matteotti.

Giacomo Matteotti venne assassinato il 10 giugno 1924 e il suo cadavere fu ritrovato soltanto a Ferragosto, nel Viterbese.

Tutto avvenne dopo il discorso tenuto dal politico in Parlamento, dove chiese l’annullamento delle elezioni che avevano visto la conquista della maggioranza da parte del Partito nazionale fascista.

L’incontro si è aperto con la proiezione di un filmato dell’archivio Luce, che ha illustrato alcuni momenti storici di quel periodo oscuro, accompagnato dalle canzoni “clandestine” coniate per raccontare quanto era avvenuto.

Il sindaco Giuseppe Tasso ha quindi ripercorso le tappe dell’esistenza di Matteotti, osservando che oggi parlare di lui “significa aprire 100 libri di storia”.

Nato nel 1885 a Fratta Polesine, Giacomo Matteotti proveniva da una famiglia agiata, fatto che gli venne sempre rinfacciato dallo stesso Mussolini, quando entrambi facevano parte del Partito socialista.

Grazie alla conoscenza delle lingue, viaggiò spesso, tornando sempre nella sua Fratta Polesine: Matteotti si occupò molto del Polesine, un territorio all’epoca segnato da “ingiustizia sociale, condizioni sanitarie pessime, malnutrizione e lavoro mal retribuito”.

Laureatosi in Giurisprudenza all’Università di Bologna, nel 1908 entrò nel consiglio comunale di Fratta Polesine, incentrando il proprio lavoro politico sulla valorizzazione della propria terra di origine.

Una volta approdato in Parlamento, rifiutò la violenza e denunciò quanto avvenuto per le elezioni che proclamarono il Fascismo al potere, chiedendo l’invalidamento delle elezioni stesse: lo fece pubblicamente, con un discorso pronunciato in Parlamento, al fine del quale disse ai suoi compagni di partito di iniziare a preparare il suo discorso funebre.

Pochi giorni dopo venne sequestrato in via Arnaldo da Brescia, sul Lungotevere.

“Il destino di Matteotti, che era un europeista convinto, era segnato – il commento di Tasso, il quale ha evidenziato come il politico ebbe molti avversari, anche tra i banchi di opposizione, nel Partito comunista – La modernità di Matteotti è attuale nella difesa dei valori di democrazia per cui è morto. A 100 anni dalla morte di Matteotti, la sua storia va ascoltata con attenzione e senza pregiudizi politici”.

La salma di Matteotti venne sepolta a Fratta Polesine e al suo funerale ci fu una grande folla, nonostante le minacce diffuse.

Diversi periodici della stampa (anche cattolica) condannarono l’omicidio e i suoi mandanti.

Citato, a tal proposito, anche il volume “Una biblioteca storica per il futuro” di Adriano Mazzetti, riguardante “il grido della stampa cattolica” lanciato a seguito dell’assassinio, all’interno del quale viene descritta anche la reazione da parte dei periodici veneti, che pubblicamente condannarono l’assassinio di Matteotti.

A tal proposito Antonio Fojadelli ha sottolineato quanto in quegli anni si sia fatto strada “un movimento violento ed eversivo”, mentre le elezioni del 1924 che videro il Partito fascista vincitore “furono un oltraggio al diritto del tempo“.

“Matteotti avvertì sempre dentro di sé il senso del diritto e della giustizia – ha proseguito – Dopo il suo discorso, Mussolini disse: ‘Quell’uomo non dovrebbe più circolare’. Venne picchiato e ucciso da cinque esponenti del Movimento fascista, tre dei quali vennero condannati nel 1926 a cinque anni e 11 mesi di reclusione, per omicidio preterintenzionale. Nel 1944 vennero poi condannati all’ergastolo”.

“Ci fu sdegno per questi fatti, anche all’estero: fu una tragica notte che, ancora oggi, scuote le nostre coscienze – ha aggiunto – Alla violenza Matteotti si oppose con le armi del diritto”.

“Oggi dobbiamo chiederci, come è stato possibile che un movimento eversivo, illegale, armato potesse ottenere e conservare il potere? – il quesito posto al pubblico da Fojadelli – Tutto ciò fu per l’inadeguatezza della monarchia, un’opposizione frammentata e un popolo che, per convenienza, interesse, paura (molti tacquero), si sottomise anche se non correva dei rischi diretti”.

“La difesa dei valori di democrazia, libertà e giustizia è affidata all’impegno di ciascuno di noi”, ha concluso.

Nel frattempo, da 14 anni la casa di Matteotti a Fratta Polesine è aperta al pubblico come Casa Museo, per non dimenticare la vicenda di colui che sacrificò la propria vita per la difesa dei valori della democrazia.

E in tutto ciò, il sindaco di San Vendemiano Guido Dussin ha annunciato la possibilità di organizzare una visita alla stessa Casa Museo di Fratta Polesine.

(Autore: Arianna Ceschin)
(Foto: Arianna Ceschin)
(Articolo e foto di proprietà di Dplay Srl)
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