Auto ibride, un rischio per i soccorritori in caso di incidente: oggi il convegno tecnico a Santa Lucia di Piave

I soccorritori del Suem e le forze dell’ordine – Vigili del fuoco, Polizia di Stato, Polizia locale e Carabinieri – si sono riuniti a Santa Lucia di Piave nella mattinata di oggi, martedì 9 aprile, per un convegno dove aggiornarsi in fatto di nuove tecnologie in relazione alle auto ibride e sulle possibili condizioni estreme che si possono presentare nei luoghi degli incidenti.

Sì perché spesso gli interventi in situazioni di emergenza possono mettere a repentaglio la vita stessa di chi è impegnato nei soccorsi, a causa della difficoltà di individuare la posizione esatta del motore in queste vetture, soggette ad una continua evoluzione tecnologica.

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Pertanto, lo scopo della mattinata era quello di fornire le indicazioni necessarie per poter continuare a intervenire in situazioni d’emergenza in tutta sicurezza.

Un proposito che ha visto d’accordo tra loro Riccardo Favaretto – funzionario tecnico dei Vigili del fuoco di Treviso -, Claudio Mallamace – comandante della Polizia locale di Conegliano -, Dina Battel – assistente capo della Polizia di Stato – e Alessandro Chies – coordinatore del Suem 118 di Treviso -, rappresentanti delle forze in campo in caso di incidenti e calamità e, quindi, protagonisti di un vero e proprio sistema sinergico e di mutua collaborazione.

Come è stato illustrato nel corso della mattinata, le nuove tecnologie sono divenute nel tempo sinonimo di altrettante problematiche a esse connesse, a causa della sempre più evidente difficoltà di riconoscimento del tipo di alimentazione del veicolo: considerando che in media il tempo per il soccorso e l’estrazione di una persona da una vettura è di circa 20 minuti, la faccenda si complica se il sinistro coinvolge più persone e se nel modello di vettura risulta complesso individuare la posizione del motore oppure il punto di trazione del servosterzo.

Difficoltà amplificate nel caso delle auto ibride che, a differenza di quelle elettriche, sono costituite da due motori, uno dei quali alimentato a benzina. Risulta pertanto fondamentale il perfetto coordinamento tra i cosiddetti “anelli del soccorso”, come è stato ribadito più volte nel corso del convegno, allo scopo di assicurare l’incolumità di tutte le persone coinvolte, siano esse soccorritori o vittime da aiutare.

Si è parlato molto della figura del “leader”, ovvero quel profilo in grado di crescere insieme alla squadra, promuovendo la cooperazione sinergica tra le varie forze in campo. Più volte, infatti, è stato posto l’accento sulla necessità di identificazione e, successivamente, comunicazione dei pericoli presenti sul luogo tra i vari anelli della catena di interventi, per evitare qualsiasi forma di compromissione dell’intervento stesso.

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Ma ampio spazio è stato inoltre riservato ai vari modelli di auto in circolazione, oltre ai codici comportamentali e le strumentazioni da adottare: tra queste ultime, di fondamentale importanza è l’esplosimetro, capace di rilevare la presenza di eventuali nubi di gas, responsabili di possibili focolai, e la termocamera, usata per verificare se ci sono o meno sbalzi di calore sul posto.

Fortunatamente la tecnologia ha fatto passi in avanti anche in termini di sicurezza e di soccorso: grazie al “rescue scheet” – la scheda di sicurezza – i Vigili del fuoco hanno la possibilità di vedere la composizione dell’auto e identificare le zone di taglio della vettura, dove l’auto è meno rinforzata.

Innovativi sono risultati anche il “QR code” per una facile lettura, anche offline, della scheda della macchina, o l’app di soccorso per il riconoscimento della vettura, fino alla “funzione e-call” – obbligatoria dal 31 marzo 2018 su tutte le auto di nuova costruzione – grazie alla quale, una volta avvenuto l’impatto, parte una chiamata a un apposito call center che contatta il conducente e, in mancanza di risposta, allerta i soccorsi.

Novità apparse di vitale importanza in uno scenario dove la tecnologia ha fatto passi da gigante, a partire specialmente dal 1994: l’inserimento dei dispositivi di sicurezza nelle vetture ha, infatti, consentito un abbassamento del numero dei morti da incidente stradale. Un dato non di secondaria importanza se si considera che in Italia circolano circa 48 milioni e 700 mila veicoli, ovvero ben 800 vetture ogni 1.000 abitanti.

(Fonte: Arianna Ceschin © Qdpnews.it).
(Foto e video: Qdpnews.it ® riproduzione riservata).
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