Claudio Breda ha scavato nella memoria di Falzè di Piave, per ricostruire le origini del proprio ceppo familiare (risalente all’inizio del ‘700), ed insieme ricordare come si è sviluppato il paese, strettamente connesso al fiume e alle sue vicende.
Si intitola “I Fire da Falzè. Storie di persone” l’interessante volumetto, pubblicato a metà dicembre per i tipi di Dario De Bastiani Editore, in cui sono raccolti tre anni di ricerche che Claudio Breda ha condotto consultando gli archivi parrocchiali, della Diocesi e l’Archivio di Stato a Treviso.
L’autore non è uno storico di professione (è un ex bancario), ma per passione. Ha fatto parte del gruppo Alpini e nel suo curriculum c’è anche un passato da amministratore comunale. Nel corso degli anni ha raccolto notizie, aneddoti e ricordi di vita sia nella cerchia familiare, che tra amici e conoscenti.
Con l’apporto di altri esperti della storia locale, si è messo all’opera per raccontare come fu che i Breda (cognome derivato dal longobardo brayda, che significa “proprietà terriera” o “campo erboso”) giunsero a Falzè di Piave, provenienti da Soffratta di Mareno di Piave. Il cognome Breda è diffuso in tutto il Veneto e in Lombardia.
“In fondo i Breda di Falzè sono tutti parenti”, dice l’autore. La stirpe ebbe inizio con Giovanni, nato nel 1715, che si stabilì in una casa dei conti Collalto, “sopra la Piave, di fronte al Montello, uno dei territori meno ghiaiosi e quindi più produttivi di Falzè”.
Tra matrimoni e nascite, l’ex bancario ha ricostruito l’albero genealogico di famiglia, fino ad arrivare al bisnonno Marino che visse sotto l’ìmpero austro-ungarico e morì allo scoppio della Grande Guerra.
Fu con lui che i Breda di Falzè acquisirono il soprannome che ancora oggi li distingue: i “Fire”. In questo modo i paesani storpiarono la parola Zugfuhrer, che in tedesco significa sergente, il grado raggiunto da Marino nell’esercito degli Asburgo.
Claudio Breda cosa racconta in questo libro e chi erano i Fire?
“E’ il soprannome di un ramo dei Breda, originato dal mio bisnonno Marino che fece il militare sotto Checco Beppe, come si diceva allora. Ottenne un grado militare, che i paesani hanno tradotto in Fire. Con la mia ricerca ho voluto raccontare umili protagonisti che hanno incontrato la storia”.
L’Osteria al Portico, prima di Pieve di Soligo, l’ha citata nel suo libro, che cosa era all’epoca?
“Adesso il nome nuovo è al Portico, ma un tempo si chiamava Bofot, che è il soprannome dei Donadel, i proprietari di questa osteria. Ma una volta addirittura passava la ferrovia e qui c’era un magazzino, da dove spedivano le merci verso Ponte Priula o Pieve di Soligo”.
Come è stata la sua ricerca?
“Ho lavorato tanto, però prima di tutto ci ho messo tanta passione, per amore verso la mia famiglia e il mio paese. Tutto questo mi ha fatto scoprire tante cose che leggerete”.
Il libro è completato da un ricco apparato fotografico, ricavato anche dagli album delle famiglie Breda. “I Fire da Falzè” si può richiederlo all’edicola Tonet di Barbisano o alla Libreria “La Pieve” di Pieve di Soligo.
(Fonte: Cristiana Sparvoli © Qdpnews.it).
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