Le Ville Venete in “gran tour”: così le dimore tornano al centro del territorio e si mantengono attraverso tecniche d’accoglienza innovativa

Un passato da epicentro sociale ed economico, una struttura imponente e un nome di prestigio: costellate di arte e di cultura, in cima a una collina o al centro di grandi appezzamenti, le 4300 ville venete (presenti tra Veneto e Friuli) sono riconosciute come un patrimonio di inestimabile valore, che oggi i proprietari – alcuni titolati per ereditarietà, altri per acquisizione – si trovano a dover mantenere. Un onere e un onore che necessita di nuovi strumenti di promozione turistica e una rete che venga incontro alle esigenze di questi antichi, preziosi ma impegnativi poderi.

Secondo l’Associazione Ville Venete, presieduta dalla principessa Isabella Collalto de Croy, a questi magnifici edifici occorre affiancare un piano di valorizzazione, per far sì che essi continuino a produrre ricchezza e posti di lavoro, proprio come un tempo. L’accoglienza, la produzione di prodotti locali, la valorizzazione della storia della villa e delle biografie di chi l’ha abitata, diventano la chiave per un futuro in cui l’intero territorio torna a beneficiare dell’attrattività delle corti e, viceversa, riesce a custodirle.

Venerdì mattina, nell’eccezionale cornice del Castello di San Salvatore, si è tenuta una conferenza stampa di presentazione a cui hanno presenziato, oltre alla presidente Collalto De Croy, altri tre soci dell’associazione Ville Venete, di cui fanno parte 31 realtà: il dottor Vittorio Dalle Ore, proprietario di Villa Barbaro (Maser), il barone Florián Stepski per la sua Villa Reichsteiner (Oderzo) e il principe Guecello di Porcia e Brugnera per l’omonimo castello, in Friuli. Sono stati due i prodotti turistici presentati alla stampa dai relatori: il Gran tour delle Ville Venete, un sistema che consente di mettere in rete tra loro tutte queste strutture, mostrando distanze, offerte, servizi, e una sorta di “passaporto” dedicato a suscitare nel visitatore l’interesse a collezionarle tutte.

“L’insieme delle ville venete costituisce un’identità straordinaria, non ritrovabile altrove – è stato detto dalla principessa Isabella Collalto De Croy durante l’apertura della conferenza stampa, – In più, queste ville sono “vive” e producono. L’obiettivo è quello di mostrare quest’aspetto creando opportunità di turismo sostenibile ed esperienziale. Il rapporto con il territorio continua a essere importante: attraverso il sistema della villa, è possibile dare lavoro a molte persone”. La presidente ha parlato poi di Villa La Rotonda, palladiana, in provincia di Vicenza, che è recentemente entrata a far parte dell’associazione.

Come ha spiegato il dottor Dalle Ore, la palladiana Villa Barbaro, a Maser, apriva le porte ai primi visitatori già negli anni Trenta: primo sito Unesco in Veneto, ha visto una sempre maggiore apertura al pubblico fino al presente. “Ogni villa rispecchia le caratteristiche di chi le ha volute. Da noi, sono stati i fratelli Barbaro, che hanno voluto inserire elementi di architettura antica. Ma la conformazione attuale di ogni villa dipende anche dagli avvenimenti storici che hanno interessato il territorio dove è sorta”.

Nel suo intervento, il barone Florián Stepski ha parlato anche del suo personale approdo alla gestione della villa: “La responsabilità di un edificio come Villa Rechsteiner all’inizio mi intimoriva: le ville in genere sono state costruite con i ricavi dell’agricoltura, ma in quegli anni i campi non bastavano. Le difficoltà che presentano questi edifici a livello di costi e di manutenzione sono molte. Un tempo erano residenze estive e d’inverno non venivano utilizzate. L’accoglienza deve tornare al centro dell’attenzione: per farlo servono attività innovative capaci di riportare la vita all’interno della villa. Noi l’abbiamo fatto inserendo le piccole produzioni locali, con prodotti tipici di alta qualità e con alcune attività didattiche”.

Anche in Friuli esistono varie ville venete, specie nella fascia che separa le zone montuose dal litorale: come ha spiegato il principe Guecello di Porcia, le poderose strutture venivano costruite in zone pianeggianti e diventavano centri d’incontro e di scambio. “Nel Castello di Porcia e Brugnera non vi sono molti grandiosi dettagli artistici, ma l’edificio è colmo di stanze e ogni stanza ha una sua storia”. 

La conferenza si è conclusa con una dimostrazione enogastronomica: lo chef Nicola Cavallin ha presentato un sofisticato menù a base di prodotti di produzione interna alla proprietà del castello, con un accompagnamento di vini della cantina Collalto.

(Foto e video: Qdpnews.it © riproduzione riservata).
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