Lo stemma dei Collalto e quel legame con l’intagliatore zoldano Valentino Panciera Besarel

Esiste un sottile legame tra le storie di territori apparentemente distanti tra loro: è ciò che suggerisce la vicenda che lega il casato nobiliare dei conti di Collalto, a Susegana, e quella degli artisti zoldani Panciera “Besarel” (quest’ultimo è un soprannome di origine popolare, usato per distinguere la dinastia di artisti da altri ceppi omonimi), per secoli una famiglia dedita alla scultura in legno, nel Comune di Val di Zoldo, nel Bellunese.

Un legame visibile a partire da un’abitazione, oggi di quattro piani ma un tempo di diversa fattura, che sorge a lato di via Valentino Panciera Besarel (1829-1902), lungo la strada che conduce verso piazza Valentino Angelini (1904-1976), in Borgata Ligont, sempre nel Comune di Val di Zoldo.

La famiglia Panciera Besarel costruì quella casa nel Settecento, nel villaggio di Astragàl. Una dimora che, nei secoli, subì diversi rimaneggiamenti, restauri e una sopraelevazione, come testimonia la raffigurazione del pittore Osvaldo Monti, risalente al 1881.

Ma qual è il ruolo di questa dimora e cosa simboleggia? L’abitazione stessa testimonia ancora oggi il legame che ha contraddistinto i Collalto con i Panciera Besarel. Il primo Valentino Panciera Besarel (1747-1811) fu un abile intagliatore e scultore del legno, il quale si occupò di alcuni lavori di intaglio per i conti di Collalto, nel Castello di San Salvatore a Susegana.

La sua bravura fu tale che venne riconosciuta dal casato nobiliare, casato che concesse all’artista lo stemma di famiglia, dipinto sulla porta d’ingresso della sua casa natale, in segno di protezione e di riconoscimento del suo talento. Oggi lo stemma è ancora visibile sulla facciata dell’edificio, mentre sul retro dello stabile (in corrispondenza di vicolo della Latteria), sono leggibili due targhe, poste una sopra all’altra, a testimonianza di questa storia intrecciata.

La prima, contornata dallo stemma dei Collalto, ricorda il legame tra l’artista e la famiglia nobiliare: “Valentino Panciera Besarel. Da oltre un secolo questo scudo onore e privilegio meritato coll’arte dell’intaglio dai conti di Collalto segnava sulla casa ove nacque visse morì. Il pronipote Valentino l’avita memoria rinnova. 1895”, si legge.

“In questa casa nacque Valentino Panciera Besarel e da qui giovinetto ancora intravide gli orizzonti dell’arte che doveva fare il suo nome grande immortale”, recita invece un’altra targa, dedicatagli dai zoldani nel 1928, facendo riferimento a un secondo Valentino Panciera Besarel, colui che dedicò la precedente targa al bisnonno. Il pronipote del primo Valentino, citato in entrambe le targhe (sebbene in due ruoli diversi) fu un famoso intagliatore di fama internazionale, che nacque in quella stessa casa.

Nato ad Astragàl (Val di Zoldo), il 29 luglio 1829, e morto a Venezia nel 1902, questo secondo Valentino apprese i ferri del mestiere dal padre Giovanni Battista, anch’egli talentuoso intagliatore, il quale ebbe il merito di avviare il figlio a questo mestiere, riconoscendone il talento.

Proprio il padre, infatti, portava con sé il figlio nelle varie commissioni (si occupò dei luoghi di culto del Bellunese e dei tagli ornamentali per il teatro di Innsbruck), in maniera da instradarlo precocemente nell’ambiente artistico. E proprio in una di queste commissioni Valentino trovò la sua fortuna: nel 1849 Giovanni Battista venne incaricato di realizzare alcune opere nella chiesa di Agordo, dove permise al figlio di creare alcuni intagli.

Un’occasione per Valentino di manifestare la propria abilità, che venne riconosciuta dall’architetto Giuseppe Segusini e dal pittore Giovanni De Min, i quali gli consentirono di frequentare l’Accademia di Belle Arti di Venezia dal 1853 al 1855. Il suo lavoro gli portò numerosi riconoscimenti, consentendogli di aprire prima una bottega a Belluno e, poi, a Venezia, dove faceva visita la Regina Margherita, durante i suoi viaggi in laguna. 

Ma il riconoscimento internazionale avvenne in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi del 1867. Nel corso della sua carriera gli vennero commissionati vari lavori per l’addobbo di stanze e sale della reggia, in Italia e in varie corti d’Europa. A causa di un banale incidente di laboratorio, perse quattro dita della mano destra, ma ciò non gli impedì di proseguire la propria attività artistica.Una vicenda che mostra come il particolare di un’abitazione possa svelare un intreccio di storie del passato.

(Foto: Qdpnews.it )
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