Troppi cormorani sul Piave, l’allerta dei pescatori: non consentono di ripopolare il fiume

I cormorani non consentono il ripopolamento ittico del Piave. A denunciare da tempo il problema sono i pescatori, preoccupati dal crescente numero di volatili fin troppo dediti alla ricerca di cibo tra le acque del fiume.

“Soprattutto durante l’inverno, quando la stagione di pesca è chiusa e nessuno li disturba, questi uccelli si cibano di tutti i pesci più piccoli: di fatto, al momento, stiamo ripopolando il fiume per dare da mangiare ai cormorani”, spiega Paolo Cescon, presidente della federazione pescatori sportivi La Piave, che riunisce le associazioni di Susegana, Sernaglia e Nervesa della Battaglia. “La settimana scorsa si è tenuto un incontro per discutere del problema a Feltre, alla presenza di diverse associazioni delle province di Belluno e Treviso. Ora trasmetteremo i dati raccolti all’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ndr), che deciderà la quantità dei capi da abbattere”. 

Come riportano i pescatori, risalirebbe a circa 15 anni fa la comparsa del cormorano sulle rive trevigiane del fiume Piave, rendendo progressivamente sempre più vani gli sforzi delle associazioni ittiche per rivitalizzarne le acque. “Eravamo riusciti a far tornare in buon numero i temoli, ma essendo un pesce di superficie sono stati quasi tutti mangiati dai cormorani – riporta Cescon – Si cibano di pesci anche fino ai 30 centimetri e spesso feriscono quelli di taglia maggiore, che poi finiscono per morire. Non solo non consentono ai pesci più piccoli di crescere, ma tolgono così nutrimento anche agli esemplari più grandi”.

Il cormorano è diffuso in tutto il mondo ed è una specie protetta in Italia. Si riunisce in gruppi nei dormitori, segnalati in vari punti anche sulle sponde del Piave, e si nutre prevalentemente di pesci e crostacei, che cattura tuffandosi in acqua e nuotando anche in profondità con la sola spinta delle zampe.

Tre anni fa era stato disposto l’abbattimento di 57 esemplari lungo il Piave tra Pederobba e Ponte della Priula, pari al 10% della popolazione totale di allora. All’epoca, sempre su indicazione dell’Ispra, erano stati gli uomini della vigilanza ittico-venatoria della Provincia a provvedere alla misura di contenimento, alla quale pare si debba tornare a ricorrere anche ora.

(Fonte: Edoardo Munari © Qdpnews.it).
(Foto: Stockvault).
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