Martedì 25 febbraio la sala consiliare di Villa Onigo ha ospitato un approfondimento storico locale di grande intensità emotiva. L’evento, parte della rassegna culturale I Martedì in Villa, ha richiamato un’importante affluenza di pubblico, a testimonianza del forte interesse suscitato dal tema.
Al centro dell’incontro, la proiezione del film documentario Il Ciclone, dedicato alla tragedia del 24 luglio 1930, quando un violento tornado si abbatté su un’ampia fascia della Marca, colpendo con particolare intensità l’area montelliana, tanto da entrare negli annali della meteorologia nazionale con il noto nome di ciclone del Montello.
La serata è stata introdotta dagli interventi di Sergio Zanellato, direttore di Qdpnews.it, e Maria Giovanna Favero, vicesindaca con delega alla cultura, entrambi tesi a sottolineare l’importanza degli appuntamenti del martedì sera come momento di riflessione, espressione del rapporto tra comunità e territorio.
Il relatore dell’incontro è stato il dottor Marino Parolin, medico veterinario e appassionato studioso di storia locale, che ha ricostruito con estrema meticolosità le vicende di quel tragico giorno. Un giorno parte della sua storia familiare e al tempo stesso oggetto di una ricerca che si proietta oltre la mera ricostruzione dei fatti, una vera e propria missione finalizzata a salvare dalla polvere del tempo quelle storie di dignità e dolore.
“Il ciclone del Montello era uno di quegli argomenti che, da bambino, ti capitava di ascoltare di nascosto nei cortili delle case,” ha raccontato, un trauma collettivo tanto forte da tradursi, negli anni successivi al cataclisma, nella preoccupazione accentuata per ogni fenomeno di maltempo. La paura di chi aveva visto la propria casa crollare rimase incisa nella memoria, accompagnando intere generazioni.
Parolin ha ricostruito le dinamiche meteorologiche dell’evento, chiarendo che non si trattò di un ciclone in senso scientifico, bensì di un tornado classificato come F5 nella scala Fujita-Pearson, il più violento mai registrato in Europa. Due forti temporali, originatisi sulle bocche del Brenta, si incontrarono e si rafforzarono. Il loro percorso devastante passò per Rosa, Riese, Altivole, Volpago e Giavera, prima di perdere forza verso Fontanafredda.
Le immagini e le testimonianze raccolte nel documentario frutto della collaborazione con il regista Carlo Bazzan, hanno restituito al pubblico l’impatto della catastrofe sulla vita delle persone. “Era un’epoca di miseria, in cui le case erano costruite con pietre legate da calce e sabbia”, ha ricordato Parolin. “Il tornado le rase al suolo, lasciando la popolazione senza cibo, senza vestiti, senza un riparo”.
Un aspetto particolarmente significativo del racconto è la descrizione della reazione immediata delle comunità locali. Il parroco di Volpago, don Luigi Panizzolo, si fece portavoce delle necessità dei superstiti e scrisse lettere al podestà per chiedere aiuti concreti. “Oggi, quando avvengono disastri, si chiede subito un risarcimento economico”, ha osservato Parolin. “All’epoca la gente chiedeva lenzuola, un vestito per la festa, stoviglie, un po’ di farina. Nessuno pretendeva denaro, il desiderio della popolazione era un semplice ritorno alla normalità, con gli oggetti di ogni giorno”.
Lo Stato intervenne con una legge speciale, firmata il 15 agosto 1930, che garantiva un rimborso del 50% sui danni subiti, a lavori eseguiti. Tuttavia, la vera salvezza fu la solidarietà tra le persone: “Ci si aiutava in ogni modo. Chi aveva una patente trasportava i feriti all’ospedale di Montebelluna, chi poteva donava cibo e vestiti”.
Uno dei simboli della distruzione fu la chiesa parrocchiale di Selva, un edificio seicentesco ricco di opere d’arte veneziane, letteralmente svuotato dalla furia del vento. Dell’edificio sacro rimasero soltanto l’abside, l’altare maggiore e frammenti della facciata, mentre la parte centrale fu completamente rasa al suolo. Il tornado scoperchiò tombe, fece esplodere vetri e sollevò tetti. La forza distruttrice si manifestò con una potenza inaudita.
Le toccanti testimonianze di chi era bambino all’epoca, raccolte nel documentario, raccontano tutte la stessa scena: il cielo che si oscurava sempre di più, il vento che si avvicinava con un vortice minaccioso travolgendo ogni cosa.
La serata si è conclusa con un sentito applauso del pubblico, colpito dalla potenza delle immagini e delle parole, e con gli interventi di chi ha voluto arricchire questa importante pagina di memoria collettiva con i racconti ereditati dai propri cari.
(Autore: Francesco Bruni)
(Foto: Francesco Bruni. Video: archivio Qdpnews.it)
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