E’ venuto a mancare oggi martedì 30 maggio Paolo Portoghesi, architetto, docente universitario e storico, tra i più grandi interpreti italiani del Postmodernismo.
Il suo nome è legato a doppio filo alla città di Treviso, dove ha progettato il Quartiere Latino, nell’area dell’ex ospedale civile di Santa Maria dei Battuti dove oggi sorge l’università, Palazzo Bortolan e il Ponte dell’Università, dove confluiscono Sile e Cagnan. “Luoghi, questi, fra i più iconici, rappresentativi e ammirati della Città. A nome della comunità trevigiana porgo le più sentite condoglianze alla famiglia” ha scritto il sindaco Mario Conte nella sua pagina Facebook.
Nato a Roma il 2 novembre 1931, nel 1950 Portoghesi s’iscrive alla Facoltà di Architettura della Sapienza e, ancora studente, pubblica la prima monografia su Guarino Guarini e alcuni saggi su Francesco Borromini. Inizia a insegnare Storia della critica alla facoltà di Architettura a Roma e nel 1964 fonda uno studio con l’ingegnere Vittorio Gigliotti, con cui realizzerà la maggior parte dei progetti della sua carriera. Nel 1966 fonda la rivista Controspazio, della quale rimarrà direttore fino al 1983 e dirigerà successivamente il Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica (1968) e le riviste Itaca (1977), Eupalino (1985/90), Materia (dal 1990) e Abitare la Terra (dal 2001).
Nel 1976 pubblica il saggio Le inibizioni dell’architettura moderna, le cui riflessioni saranno alla base di quello che negli anni seguenti diventerà l’approccio postmoderno italiano in architettura. Studioso della cultura islamica e vicino al mondo arabo, negli anni settanta progetta il Palazzo dei reali di Giordania ad Amman, l’aeroporto ed il piano regolatore di Khartum e, successivamente, le Moschee di Roma (in collaborazione con Vittorio Gigliotti e l’architetto Sami Mousawi) e di Strasburgo. Nel 1979 viene eletto direttore della Biennale di Venezia.
A segnare la vera svolta dell’artista è l’installazione Strada Novissima alla Biennale, in cui venti architetti di fama internazionale – tra cui Frank Gehry, Rem Koolhaas, Charles Moore, Hans Hollein e Franco Purini – furono chiamati a disegnare venti facciate contigue (ognuna di 7 metri di larghezza, con un’altezza che poteva variare da un minimo di 7,20 a un massimo di 9,50 metri). L’evento ottiene molto clamore mediatico e diventa il manifesto italiano dell’Architettura postmoderna. A tal riguardo ha scritto i saggi Dopo l’architettura moderna e Postmoderna: l’architettura nella società post-industriale. Portoghesi si pone all’interno del mondo del razionalismo italiano. Autore di diverse opere di una certa notorietà, ha operato anche nella ricerca storiografica di settore ed è critico d’arte, studioso del Barocco romano. Per i meriti conseguiti nell’ambito della sua attività professionale e culturale è stato nominato membro dell’Accademia delle arti del disegno di Firenze, dall’Accademia di San Luca, dell’Accademia dei Lincei a Roma e dell’American Institute of Architects.
Negli ultimi anni della sua attività, abbandonata ormai la corrente postmoderna, Portoghesi concentra la sua attenzione sulla geoarchitettura, “un’architettura umanistica che rispetta sette criteri fondamentali: imparare dalla natura, confrontarsi con il luogo, imparare dalla storia, impegnarsi nell’innovazione, attingere alla coralità, tutelare gli equilibri naturali e contribuire alla riduzione dei consumi” la definiva Portoghesi. Sul tema pubblica nel 2005 il saggio Geoarchitettura. Verso un’architettura della responsabilità e fonda la rivista Abitare la terra. Nel 2007 alla Facoltà di Architettura della Sapienza viene attivato il corso di Geoarchitettura da lui tenuto, in qualità di professore emerito.
(Foto: Paolo Portoghesi nel 1986, Wikipedia).
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