Dopo il suo fermo in relazione all’omicidio della trentenne Anica Panfile, rinvenuta in località Palazzon a Spresiano il 21 maggio 2023, Franco Battaggia si è appellato al diritto di rimanere in silenzio. La stessa cosa si è ripetuta anche questa mattina, sabato 20 gennaio, ma gli inquirenti hanno potuto considerare ciò che l’indiziato ha detto nelle fasi precedenti delle indagini.
Secondo il quadro descritto oggi sabato dal procuratore di Treviso Marco Martani, prima di fermare Battaggia sarebbero stati raccolti nuovi elementi probatori ed escluse le piste alternative: “C’erano stati contrasti anche tra Anica e il precedente marito, con cui aveva avuto tre figli. Lei l’aveva denunciato per maltrattamenti nel 2018 e il 23 giugno 2023 avrebbe avuto un’udienza a Treviso, ma non risulta che lui avesse agganci in Italia e anzi dopo la denuncia non risultavano esserci stati altri contatti. Poi c’era un albanese con cui aveva dovuto una piccola somma, anch’esso denunciato nel 2019 ma anche in questo caso la somma risultava sproporzionata rispetto a un’aggressione a scopo omicida”.
“Diventano rilevanti a nostro parere, e anzi decisive, per raggiungere il livello di gravità indiziaria, anche le immagini delle telecamere: in queste prassi tutte le telecamere pubbliche vengono esaminate, compresi i lettori di targa. Nella zona dove è stato ritrovato il cadavere, di particolare interesse è stata una telecamera di sorveglianza di alcune abitazioni private in via Barcador, vicinissima a via del Fante che costeggia il Canale della Vittoria, dove all’altezza di un ponticello potrebbe idealmente esser stato lanciato in acqua il corpo. La telecamera riprende ben tre passaggi, il primo dei quali alle 22.08 e l’ultimo alle 23.32, di un pick-up Isuzu D-Max assolutamente simile al pick-up in uso in quei giorni a Battaggia. Alcune altre telecamere munite di lettore di targa nel tragitto confermano il passaggio del pick-up in orari assolutamente compatibili con l’andata e con il ritorno”.
“Nei locali di Battaggia abbiamo trovato tracce biologiche di Anica: in particolare su un materasso e su un tappeto arrotolato, a nostro parere con maggiore valenza probatoria, che è stato trovato in un garage del rustico di proprietà di Battaggia. La nostra ipotesi è che il tappeto sia servito per il trasporto del cadavere. In questo modo sarebbe stato sicuramente più agevole trasportare e far scivolare in acqua il corpo, ma anche meno rischioso e lasciando meno tracce.
“Il compagno di Anica ha detto agli inquirenti che quando lei tornava a casa dopo aver visto Battaggia, spesso la trovava alterata: lei stessa aveva ammesso con lui che Battaggia le dava sostanze stupefacenti e, siccome parlava di “righe”, è probabile parlasse di cocaina. In passato c’erano state anche delle relazioni sessuali tra di loro, consensuali (ma – aggiunge in seguito – possibilmente su compenso) ed è probabile che fosse proprio in queste occasioni che la sostanza veniva consumata”.
“Provvediamo così al fermo come indiziato di delitto perché, oltre che con la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, è necessario avere presente quale sia la personalità di Franco Battaggia: ha dei precedenti penali anche molto gravi come l’omicidio, precedenti per evasione e ha fatto un lunghissimo periodo di latitanza all’estero in relazione a una condanna di omicidio. Come ha raccontato lui stesso, ha frequentato la Francia e il Sud America, l’Ecuador e la Colombia, Paesi noti per il narcotraffico dove potrebbe aver frequentato ambienti delinquenziali e dove un’estradizione è pressoché impossibile. Nonostante gli anni trascorsi, Franco Battaggia ha ancora molto vigore fisico e, dal nostro punto di vista, c’è un altro particolare un po’ sospetto: pochi giorni dopo il rinvenimento del cadavere di Anica, ha richiesto il rilascio di una carta d’identità valida per l’espatrio“.
“Soprattutto, in una telefonata del 30 ottobre, conversando con un suo amico e collaboratore confida le proprie paure, ricevendo la notizia di recarsi in caserma (in realtà la chiamata in caserma era relativa alla riconsegna di un veicolo sequestrato) e dice “Vedi, sto passando di quei momenti da sballo” e poi, il giorno dopo, “io se trovassi una casetta… per nascondermi, per nascondermi, per nascondermi”. Questo comportamento – conclude il procuratore – ci fa pensare che nel momento in cui si è reso conto che il livello probatorio a suo carico stava diventando grave, lui aveva pensato che sarebbe scappato all’estero, come in passato”.
(Foto: Qdpnews.it e Carabinieri Treviso).
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