Con carretto e asinello questa sera arriva San Nicolò da Bari, e i bimbi aspettando i regali cantano la filastrocca

Il 6 dicembre è un giorno speciale, lo sanno tutti: il 6 dicembre non c’è scusa che tenga, si festeggia San Nicolò.

Tutti gli adulti di oggi ricordano l’emozione di questa giornata, che partiva dalla sera prima: il 5 dicembre i bambini andavano a letto con trepidazione perché nella notte San Nicolò, o San Nicola, passava con il suo asinello e lasciava in dono dolciumi e gli immancabili mandarini e frutta secca.

La tradizione poi è restata immutata per tutte le generazioni: per avere la certezza di ricevere i doni, i bambini scrivevano una letterina al Santo con le loro richieste.

La mattina del 6 dicembre finalmente l’attesa era finita, “riusciremo a vederlo passare nella notte dell’anno prossimo, saremo grandi abbastanza da non farci vincere dalla sonno” dicevamo tutti, e si correva a scoprire cosa ci avesse lasciato.

San Nicolò viene raffigurato con le vesti riconducibili alla carica di vescovo, sempre con la mitra e il pastorale.

Spesso la sua figura viene figura viene confusa con quella di Babbo Natale ma la verità è che si tratta di due personaggi ben distinti, con storie diverse.

Il culto di San Nicolò era diffuso infatti fin dal 1500 in tutto l’Oriente e la sua fama giunse in Italia radicandosi al sud del Paese, tanto che tuttora viene chiamato San Nicolò di Bari, così come dice la filastrocca che tutti abbiamo imparato da piccoli: “San Nicolò da Bari, la festa di tutti gli scolari, la festa dei putei…Sona tuti i campanei….”.

I baresi lo festeggiano il 9 maggio, giorno in cui le sue spoglie arrivarono in città, mentre nel Nord Italia la sua festa è il 6 dicembre, quando morì a Myra.

La leggenda che si racconta ai più piccoli dice che San Nicola, vescovo attento alla sua comunità, venne a sapere che tre povere bambine della sua città sarebbero state vendute come schiave, perché la famiglia non poteva assegnare loro una dote con la quale, divenute grandi, si sarebbero potute sposare.

Allora il vescovo una notte andò alla casa delle povere bambine, e posò sulla finestra tre sacchetti pieni d’oro, salvandole dal destino di schiave.

Col tempo l’attrazione per la figura di San Nicola non è sfumata e oggi nell’Alta Marca la giornata del 5 dicembre è dedicata a lui e ai più piccoli: sono molte le piazze che accolgono il santo e il suo carretto e ancor più i bambini che desiderano vederlo da vicino, salutarlo con un po’ di timore e correre a casa pieni di leccornie, già pregustandosi l’attesa per l’anno successivo.

Nel Vittoriese e nella Vallata è cara poi la tradizione dei “bandòt“: “tirar bandòt par ciamar San Nicolò” recita infatti il detto, che comporta trascinare a terra più latte possibili per fare rumore, così da attirare il Santo.

È tanto amata che solitamente l’appuntamento attira anche duemila persone nella piazza del Popolo di Vittorio Veneto.

Quest’anno le circostanze hanno inevitabilmente ridotto i festeggiamenti e ora per chiamare San Nicolò bisogna accontentarsi di fare baccano nei propri giardini e nelle piccole vie, lasciando un bicchiere di vino e un po’ di paglia sui davanzali, ma tutti sanno che al buon vescovo e all’asinello poco importa: passeranno anche auest’anno, a maggior ragione, per strappare un sorriso ai più piccoli e un ricordo affettuoso ai più grandi.

(Fonte: Alice Zaccaron © Qdpnews.it).
(Foto: scuola per l’infanzia Santa Maria Bambina di Pieve di Soligo).
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