Continua il dibattito sulla presenza dei cinghiali nell’Alta Marca Trevigiana considerando l’aumento dei danni all’agricoltura, anche ai vigneti, e gli incidenti stradali provocati da questi animali.
Ne ha parlato recentemente Daniele Zovi, scrittore e divulgatore esperto di foreste e di animali selvatici, in occasione dell’iniziativa di carattere culturale e di divulgazione scientifica “Ambiente in Ambiente”, promossa dall’assessorato all’ecologia e all’ambiente del Comune di Farra di Soligo (qui l’articolo).
Quando si discute di questo argomento emergono due “schieramenti”: da una parte le associazioni venatorie e dall’altra le numerose realtà animaliste contrarie all’abbattimento di questi ungulati.
Il tema è sempre di grande attualità e lo scorso giovedì 8 luglio Coldiretti ha organizzato un flash mob davanti al piazzale della stazione di Venezia Santa Lucia per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo problema.
La manifestazione, alla quale hanno partecipato circa 300 imprenditori agricoli di Coldiretti, ai quali si sono aggiunti circa un centinaio tra turisti e cittadini, si è svolta in contemporanea a livello nazionale in tutti i capoluoghi regionali.
“Il problema interessa tutta l’Italia ma la cosa sorprendente è che di fatto a livello nazionale nessuno se ne sta occupando – ha affermato Zovi – L’agricoltura ha registrato molti danni e in alcune Regioni l’ente non riesce a provvedere alle necessità perché i soldi investiti sono minori dei danni subiti. Ci sono stati incidenti stradali, anche mortali, e cinghiali nei parcheggi fuori dai centri commerciali di Roma: un fenomeno allarmante perché in questi casi la gente ha mollato le borse della spesa perché i cinghiali le stavano puntando”.
Il divulgatore scientifico ha spiegato che nella Marca Trevigiana i cinghiali sono in netto aumento.
“I cinghiali sono aumentati e credo che il numero vada controllato – continua – anche se da questo punto di vista non sempre trovo un accordo con gli amici del Wwf che la pensano diversamente. L’unico modo per controllare questo fenomeno è una caccia non tradizionale, perché il cacciatore tradizionale punta alla preda grossa, quella che ha il trofeo importante. È necessario percorrere la strada della caccia di selezione che prevede il prelievo su tutte le fasce di età”.
Il dottor Zovi ha raccontato che in passato i cinghiali sono stati importati, anche illegalmente, dai Paesi dell’Est, per esempio dall’Ungheria dove hanno delle dimensioni doppie rispetto al cinghiale italico.
“Tutti gli erbivori (in questo caso onnivori) hanno bisogno di più elementi che ne controllino l’espansione altrimenti si espandono all’infinito – conclude – Di recente in Toscana è stata fatta una campagna di raccolta di feci di lupo per capire cosa stesse mangiando questo predatore. Si è scoperto che la sua base alimentare è il cinghiale: quindi io credo che il ritorno del lupo, anche da queste parti, acquisti il significato di contribuire a un riequilibrio naturale”.
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