Cocaina e marijuana spacciate in centro a Vedelago, obbligo di dimora per due giovani. Ventiquattrenne fuori dal locale con hashish e bilancino: denunciato

Nell’àmbito del contrasto allo spaccio di stupefacenti, i Carabinieri del Comando provinciale di Treviso hanno proceduto nelle ore scorse con provvedimenti a carico di tre persone di origine kosovara.

Questa notte verso le 1.30 i Carabinieri della Stazione di Casale sul Sile hanno controllato in via Roma di quel Comune, all’esterno di un esercizio pubblico, un 24enne in atteggiamento sospetto che, sottoposto ad accurata perquisizione, è stato trovato in possesso di quasi mezzo etto di hashish, oltre a un dispositivo per la pesatura dello stupefacente, sequestrato. Per lo straniero è scattata la denuncia all’Autorità giudiziaria per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente.

Nella mattinata odierna, militari del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Castelfranco Veneto hanno dato esecuzione alla misura cautelare dell’obbligo di dimora (con divieto di allontanarsi dalle rispettive abitazioni in orario serale e notturno senza autorizzazione dell’Autorità giudiziaria) emessa a carico di due 22enni dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Treviso, all’esito delle indagini dei militari dell’Arma diretti dalla Procura della Repubblica. I reati contestati ai due giovani stranieri, già noti alle Forze dell’ordine, sono quelli di detenzione e vendita di sostanze stupefacenti continuati e in concorso.

I riscontri raccolti dai Carabinieri hanno consentito di attribuire agli indagati – già tratti in arresto in flagranza di reato dai militari dell’Arma lo scorso agosto perché trovati in possesso di quantitativi di stupefacente e denaro provento di illecita attività – reiterate condotte di vendita di cocaina e marijuana a numerosi assuntori, che si sarebbero concretizzate nel centro di Vedelago dal 2020/21 alla scorsa estate.

L’attività di spaccio di droga, con cessione “al dettaglio” di singole dosi (prevalentemente di cocaina) veniva gestita dagli indagati sia autonomamente sia con modalità di supporto quando uno dei due, perché impegnato al lavoro o temporaneamente rientrato al Paese di origine, non poteva soddisfare le esigenze dei clienti. Insomma, un rapporto di “mutua assistenza” tale che i clienti, in caso di impossibilità dell’uno o dell’altro, venivano “rinviati” al collaboratore/coindagato per soddisfare sempre e comunque le loro richieste.

(Foto: archivio Qdpnews.it).
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