Un Maggiolino californiano del ’74, una tanica d’olio (per ogni evenienza) e la giusta voglia di avventura. Questo il “bagaglio” per le vacanze estive di Fabrizio Nasato che alla classica settimana al mare ha preferito un viaggio in solitaria “on the road” da Treviso a Istanbul. Ferroviere di professione, il 59enne trevigiano è partito il 4 giugno scorso per attraversare l’Europa percorrendo, fra andata e ritorno, 5500 chilometri in tre settimane.
“Era un’ambizione che maturava da tempo, ci avevo provato in aprile ma arrivato a Zagabria sono tornato indietro – racconta –. Vuoi alcuni problemi all’auto e altre circostanze, c’erano abbastanza segnali per capire che non era il momento giusto”. Il tentativo per riprovarci si presenta due mesi più tardi. La meta rimane la stessa: Istanbul. “Ormai conosco quella città come Treviso: dal 2015 ci sono stato più volte, ma questa è stata la prima in auto. Amo la storia e la cultura turca che, seppur alla lontana, ha radici comuni con la nostra. Non molti sanno che gli antenati dei Veneti sarebbero proprio i Paflagoni (o Eneti), dalla Paflagonia, antica regione dell’Anatolia. E poi in Turchia si trova uno dei tre luoghi al mondo che prendono il nome Sile. Quello turco si affaccia sul Mar Nero (proprio come la Paflagonia) e se tradotto da un’antica lingua anatolica significa ‘maggiorana’.
La prima tappa del viaggio di Fabrizio è stata Isola, in Slovenia, per un raduno di Maggiolini, “dove ho incontrato persone che non vedevo da trent’anni, dagli anni d’oro dei raduni di Volkswagen in Veneto”, racconta, passando poi per Zagabria, Belgrado, per la Tabula Traiana a Kladovo, alle “Porte di Ferro” sul Danubio confine fra Serbia e Romania, poi fino a Sofia ed Edirne, lungo il tracciato dell’antica via militaris romana fino a Costantinopoli”, la moderna Istanbul.
A bordo del suo Maggiolino turchese il viaggiatore trevigiano ha cercato tracce della storia romana e ottomana, uscendo dalle rotte del turismo di massa, ma anche la testimonianza di una Turchia moderna che si esprime con opere ingegneristiche mirabili. “Qualche esempio? Il nuovo (e terzo) aeroporto di Istanbul, il tunnel dell’Eurasia che attraversa lo stretto del Bosforo, dove ho partecipato ad un raduno per ‘Tartarughe’ (lì il Maggiolino si chiama così), e poi il Ponte sui Dardanelli, inaugurato lo scorso anno come il più lungo e alto del mondo, della serie, altro che Ponte di Messina”.
“Proprio vicino al ponte, a pochi chilometri, sorgono il sito archeologico dell’antica città di Troia:a Canakkale c’è una riproduzione del famigerato Cavallo di Troia dove sono riuscito ad avvicinarmi con la macchina abbastanza da fare una foto”.
Il viaggio è poi proseguito alla volta di Smirne, Magnesia, Sardis dove ammirare il tempio di Artemide e il ginnasio, fino a Aizanoi ai piedi di quel che resta del tempio di Zeus. La Turchia è un museo a cielo aperto, e non c’è luogo in cui non mi sia sentito a casa, per affinità culturali, per l’ospitalità degli abitanti locali, per l’atmosfera vibrante che si respira fra vie e piazze brulicanti di genti e mercati di spezie”.
Il “bolide” ha marciato a suon di 300, anche 500 chilometri al giorno senza fare scherzi, fino al rientro in Veneto. Mezzo litro d’olio e la benzina (a 90 centesimi al litro) è tutto ciò che gli è servito per giungere al confine fisico e spirituale fra Oriente e Occidente. “Dal 1993, da quando ne sono in possesso, l’ho talmente accudito e manutenuto che è meglio ora che 30 anni fa: Maggiolino mi ha sempre ricambiato e riportato a casa in questi miei viaggi, come avesse un’anima”.
(Foto: Fabrizio Nasato).
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